Guido Chiesa

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
In fondo, con tutte le sue ossessioni, la mania delle regole e il forte senso di responsabilità, Bruno protagonista del film 30 notti con il mio ex, potrebbe essere uno di noi. Padre resiliente di un’adolescente impegnativa, Emma, che non gli dà pace e lo mette costantemente alla prova, consulente finanziario a malincuore (ha rinunciato alla carriera da calciatore per la stabilità economica) ed ex di marito Terry, mentalmente fragile, impegnata in un percorso di recupero emotivo in una comunità. L’ultimo step dopo due anni di ricovero è per lei un esperimento di convivenza: 30 notti nella stessa casa con la sua famiglia. Se Terry supererà questo periodo senza incidenti (ma lo stesso potrebbe dirsi per Bruno) allora il suo percorso di guarigione sarà completo, e lei potrà andare a vivere da sola. Ovviamente nulla andrà come previsto, Bruno perderà via via tutte le sue certezze e il mese in questione si colorerà di mille personaggi e situazioni, risvegliando nei due ex coniugi sentimenti sopiti. «Capita spesso che due persone si amino tantissimo ma non riescono a stare insieme», racconta il protagonista. «Questo è uno dei temi che rende 30 notti con il mio ex un racconto universale».
30 notti con il mio ex è una commedia romantica che tratta il tema della salute mentale ma che soprattutto accende una luce sulla difficoltà di ricostruire un dialogo dopo una rottura traumatica. Bruno ha sofferto, ha perso l’amore della sua vita, si è trovato a crescere una figlia da solo, ha costruito negli anni una serie di sovrastrutture che sono diventate per lui una comfort zone, una corazza che ha messo sul cuore. L’arrivo, o meglio il ritorno, dell’ex moglie lo costringe a rivedere tutto, a spezzare quelle catene del conformismo che rischia di imbrigliare ognuno di noi: un lavoro qualunque purché ben remunerativo, una compagna da un weekend al mese, una bella casa dominata dalle pareti bianche. Una vita sicura, ordinaria e ordinata. Il film è «un racconto sia sulla fatica del reinserimento, ma anche sulla difficoltà dei cosiddetti “normali” di accogliere chi non è considerato tale», si legge nelle note di regia. «Per scoprire che un dialogo, e forse una relazione, è possibile solo se si vede nell’altro una opportunità di cambiamento e crescita. E che la diversità ci può aiutare a ritrovare o a scoprire parti di noi stessi che abbiamo sepolto sotto il peso delle responsabilità e dei doveri».
(…) Bruno e Terry sono separati e il loro rapporto non si è interrotto solo per incomprensioni e conflitti, ma anche per la fragilità psicologica di lei. Quando Terry esce dal suo percorso di recupero emotivo, la figlia di Bruno, Emma, insiste per ospitare la madre con loro per un mese, le 30 notti del titolo. Bruno si lascia convincere dalla ragazza, che sente il bisogno di avere la figura della madre nella propria vita, pensando di poter gestire la situazione, ma la schiettezza e il comportamento esuberante di Terry mettono a dura prova le sicurezze costruite dall’uomo per gestire e arginare le proprie ansie, nonché una vita di cui non è soddisfatto, tra la relazione stagnante con la compagna e un impiego in cui non riesce a lasciare il segno come vorrebbe.
La fragilità emotiva da una parte, nel personaggio di Terry interpretato da Micaela Ramazzotti, l’ansia e l’iper controllo come padre di Bruno, del solito efficace Edoardo Leo. Ferite che caratterizzano, che danno un tocco di realtà ai personaggi, che introducono il ragionamento di 30 Notti con il mio Ex sulle secondo opportunità, sui rapporti da ricostruire. Un tema ben rappresentato dalla metafora del kintsugi, l’affascinante tecnica di restauro giapponese che cura le ferite degli oggetti, in origine delle tazze per la cerimonia del tè, con l’oro, per evidenziare invece che nascondere quelle lesioni, perché la loro presenza rende vissuto l’oggetto, dandogli valore, e che dalle ferite possa derivare una crescita, esteriore e interiore. La tecnica giapponese è così un filo conduttore lungo il film di Guida Chiesa e fa da collante per la storia che ci viene raccontata, un segno dorato che continua a sottolineare ed enfatizzare quanto ci viene introdotto, i diversi aspetti che accompagnano la storia di Terry, Bruno e la figlia Emma. Sono loro al centro, sono i personaggi a incarnare il senso del racconto dai rispettivi punti di vista. Il film mostra infatti anche la difficoltà di comprendere chi sta affrontando o ha affrontato problemi come quelli di Terry, di chi li guarda dall’esterno e non riesce a empatizzare con le loro fragilità, a capire il disagio che provano, rendendo più complesso il loro reinserimento e recupero. ll tutto è però affrontato con leggerezza, con un abito da commedia romantica con cui Guido Chiesa cerca di aprire le porte del racconto di 30 notti con il mio ex a un pubblico ampio, a scardinare le resistenze degli spettatori nei confronti di storie dal tono drammatico. Probabile che non ce ne fosse bisogno, che ci si sarebbe potuti affidare all’intensità che Micaela Ramazzotti ed Edoardo Leo ci hanno dimostrato in altre occasioni per affrontare i temi in maniera ancor più profonda e toccante. Ma non ci sentiamo di condannare la scelta della leggerezza, perché è anche importante che di alcuni argomenti si parli in modo da annullare la distanza nei confronti di chi ascolta e l’approccio scelto può riuscire in questo intento.