Lee Hong-chi

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Ad inizio film le immagini di un cavallo bianco disteso e sofferente, dal respiro affaticato, scorrono sullo schermo. Poi vediamo una giovane donna seduta sull’autobus mentre una voce fuori campo, probabilmente della stessa, inizia a raccontare di Leo, il suo fidanzato, con il quale si è trasferita a Shangai dalla provincia e che un giorno del 2020 all’improvviso se ne è andato in silenzio, senza dire niente e ha deciso di suicidarsi. Da quel momento la vita di Monkey (Cici Wang), come la chiamava appunto Leo, ha perso di significato ed è entrata in un loop vuoto da cui non riesce ad uscire. La routine quotidiana sembra proseguire normalmente riempiendo il tempo della giornata fra il lavoro di costumista per una performance di danza, le visite all’amica Bella, il bar dove giovani influencer trascorrono orea farsi fotografare o fare selfie, i molti appartamenti visitati con il cugino senza mai decidersi a prenderne uno, e le composizioni di fiori richieste alla fiorista. Nessuno di chi le sta accanto riesce a comprendere la sua solitudine e i motivi del suo quieto scontento, dopotutto è una delle poche fortunate artiste che riesce a campare con ciò che le piace fare. La camera segue lo sguardo malinconico e triste della ragazza che non si capacita della tragica scelta del fidanzato e l’essere rimasta da sola a soffrirne della perdita. La segue quando addormentata esausta sull’autobus, costantemente si risveglia solo a fine corsa, ormai fuori dalla metropoli, alla voce dell’autista; la segue quando rimane con lo sguardo assente a guardare nel vuoto, e infine ne segue i lenti movimenti del corpo sottile quando danza, come dice il titolo, ma senza motivo, così per fare, invano.
A Dance in Vain corre su due livelli diversi: uno narrato, l’altro visivo. Rimaneparticolarmente contemplativo, delicato come la figura dell’attrice Cici Wang nel malinconico e affranto ruolo della protagonista. Non succede molto, quasi nulla, ma la voce narrante in-off della donna corre fluida sulle immagini senza spiegarle, anzi racconta di cose successe in un passato che non vediamo, evocato e reso tangibile dalla dolorosa assenza e dal vuoto emotivo che tiene prigioniera Monkey in una solitaria sofferenza. Un film che riflette sull’inutilità della vita e sulla rielaborazione di un lutto, di come l’individuo nella grande metropoli contemporanea affronti la dolorosa perdita di una persona cara in solitudine, pur circondato dalla moltitudine. Alcune sequenze risaltano per i colori accesi e il contrasto fra colori caldi e freddi. Al centro sempre la figura di Cici Wang fra le luci e le ombre degli interni, fra i tessuti rossi appesi per la performance di danza, fra i fiori recisi di un negozio di fiori. Il regista Lee Hong-chi non ci racconta una storia ma uno stato dell’essere e sceglie quindi idealmente gli appartamenti sfitti e disabitati come metafora dell’assenza affettiva della protagonista. Un film di una bellezza lenta, composta e pacata. Sarà distribuito anche in Italia da Minerva Pictures.