Elisa Amoruso

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
La paura di qualcuno è la forza di qualcun altro: è ciò che l’ultimo film di Elisa Amoruso, Amata, al cinema dal 16 ottobre, racconta: due donne apparentemente distanti, ma legate da un filo rosso dettato dal concetto di maternità. Nunzia, interpretata da una Tecla Insolia emozionante, è una studentessa fuori sede di 19 anni che si ritrova a dover affrontare da sola una gravidanza non desiderata. Dall’altro capo del filo rosso c’è Maddalena, interpretata da una Miriam Leone estremamente umana, ingegnera edile che dopo tre aborti spontanei decide con il marito, Stefano Accorsi, di optare per l’adozione affrontando una profonda crisi di coppia. In Amata Insolia e Leone riescono a trasmettere quella lotta interiore tra la delusione verso il proprio corpo e al contempo la forza di riprovarci, restituendoci il ritratto di due donne che sono le due facce di una stessa medaglia. Anche il personaggio di Stefano Accorsi porta con sé una sofferenza profonda, cercando di rimanere lo scoglio su cui la moglie potrà sempre aggrapparsi ma sgretolandosi allo stesso tempo dall’interno. La regista, Elisa Amoruso, dopo Maledetta Primavera, Strane Straniere e Chiara Ferragni: Unposted rimane fedele alla sua narrazione e porta un altro film intimo al femminile ispirato ad una storia vera raccontata prima in un romanzo a due voci di Ilaria Bernardini ed in seguito adattato a film sempre dalla stessa.
Elisa Amoruso con Amata riesce a portare su schermo un argomento estremamente delicato, soprattutto dando visibilità alle varie sfumature di genitorialità. Il montaggio parallelo che attraversa l’intera narrazione dà respiro alle due storie, permettendo loro di intrecciarsi e di nutrirsi a vicenda, fino a incontrarsi in un punto di equilibrio tra i due estremi. Ciò che rende il racconto ancora più autentico e umano è la profondità della ricerca di Ilaria Bernardini, che ha ascoltato testimonianze, si è documentata e ha trasformato quell’ascolto in verità narrativa, e tutto questo si avverte, in ogni dettaglio.(…)
L’opera “prende spunto da un fatto accaduto a Milano: un neonato lasciato in una culla per la vita con una lettera struggente da parte della madre” e offre uno sguardo crudo e autentico sulla maternità moderna, mostrando le sfide quotidiane di due donne, le cui storie si muovono su due binari paralleli. “Alla nascita di un bimbo il mondo non è mai pronto”, è con questa frase di Wisława Szymborska che si apre il racconto di Nunzia e Maddalena, diverse ma unite da un filo invisibile di speranza e dolore. (…)
(…) La storia di Amata è un intreccio di scelte complicate, di vulnerabilità e forza d’animo, dove la vita mostra la sua imprevedibilità ma anche la sua capacità di unire anime apparentemente distanti. Nunzia e Maddalena ci mostrano come la maternità può essere vissuta in modi diversi, ma la vera sfida è accettare sé stesse, che non deve essere visto come un atto di resa, bensì un gesto di coraggio e consapevolezza.
Il montaggio parallelo, che si dispiega lungo tutte le sequenze narrative, diventa non solo un espediente tecnico, ma un vero e proprio strumento espositivo. Un lavoro che permette allo spettatore di seguire due storie distinte che, pur mantenendo la loro unicità, si riflettono e si influenzano a vicenda. Il montaggio consente di far emergere il dialogo silenzioso tra le due storie, dove i momenti di tensione e quelli di sollievo si rincorrono in un equilibrio dinamico. Una scelta stilistica che favorisce un ritmo narrativo coinvolgente, che mantiene viva l’attenzione attraverso un percorso emotivo complesso ma coeso. L’intreccio culmina in un punto di equilibrio che bilancia con sensibilità i due estremi, regalando una visione completa e sfaccettata della maternità.
Ottimo il lavoro di Ilaria Bernardini (autrice del romanzo dal quale è stato trasposto il film e sceneggiatrice dello stesso) nel restituire in verità narrativa le testimonianze reali. Ogni scena, ogni dialogo, trasmette l’intensità di un lavoro che va oltre la semplice finzione cinematografica, regalando allo spettatore un’immersione emotiva sincera. Perché non esiste un modo “giusto” o “sbagliato” di vivere la maternità, ma solo un cammino che riflette la storia e le scelte di ogni donna, è un’esperienza soggettiva e personale.(…)
(…) Amata è di forte impatto emotivo, crudo nella sua veridicità senza ricorrere a edulcorazioni o compromessi. Ci mostra la fragilità di una società ossessionata da modelli irraggiungibili e ideali di perfezione spesso distorti, mettendo a nudo la sofferenza di chi si confronta quotidianamente con aspettative sociali impossibili da soddisfare. Il film ci ricorda quanto il confronto costante con tali standard possa lentamente erodere la fiducia in sé stessi, generando insicurezze profonde e un senso di inadeguatezza.
La maternità è una questione spinosa, coinvolge sia chi desidera avere figli sia chi sceglie di non farlo. In entrambi i casi, la società impone pressioni e aspettative che possono trasformare una decisione personale in un problema collettivo o mediatico (come il caso da cui è tratto il film). Le donne si confrontano costantemente con aspettative sociali riguardo l’età “giusta” per diventare madri e con considerazioni trattate in modo esasperato di chi associa la realizzazione femminile alla maternità, rendendo difficile affermare serenamente la propria scelta.
Il punto non è diventare madri o rinunciare alla maternità, ma avere la libertà di scegliere il proprio cammino e assecondare i propri desideri e valori, e questo nel film viene raccontato molto bene. Essere donna è un viaggio silenzioso e profondo, un dialogo continuo con noi stesse. Significa ascoltare la nostra voce interiore, accogliere fragilità e forze come parte di un unico respiro. È riconoscersi in ogni emozione vissuta e in ogni scelta fatta con consapevolezza. Essere donna significa appartenere prima di tutto a sé stesse, rispettando la propria essenza, accogliendo la propria unicità, affermando con forza la propria identità e abbracciando ogni scelta con orgoglio, al di là di ruoli e aspettative imposte.
