Monica Guerritore

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Raccontare un’icona è sempre un processo complicato, se poi quell’icona è una donna infinitamente complessa e amata come Anna Magnani tutto si complica a dismisura. Anna è il tentativo di Monica Guerritore di mostrare al pubblico una Magnani umana e fragile, una donna autentica segnata dalla vita e con delle aspirazioni forti, artista tormentata che fa della settima arte e del teatro la sua ragione d’esistere. La regista e interprete costruisce quindi un lungometraggio sugli ultimi anni di carriera del mostro sacro del cinema italiano, raccontandone i traguardi altissimi così come gli anni più insoddisfacenti, tenendo sullo sfondo una Roma magica, quasi onirica, un luogo senza tempo dove ricordare pezzi di vita, strazianti separazioni e umane pulsioni.
È il 21 marzo del 1956 e Anna Magnani ha appena vinto l’Oscar come miglior attrice protagonista per La rosa tatuata, ma non è andata in America a ritirarlo, timorosa del viaggio in aereo. È rimasta quindi nella sua Roma, circondata dai gatti e dalle persone che la conoscono da sempre. La città eterna diventa quindi in parte palcoscenico, un luogo ai limiti del reale, onirico e misterioso dove Anna ripercorre momenti cardine della propria vita, incontrando i volti notturni che popolano i vicoli: paparazzi, netturbini, prostitute e persino il drammaturgo Tennessee Williams. Il film va così avanti e indietro nel tempo raccontando una donna che, nonostante reciti per vivere, rimane sempre autentica con il mondo ma, forse, meno con sé stessa.
Anna è un film estremamente rigoroso, sia nella scrittura che nella messa in scena. Magnani appare profondamente umana e fragile, ce ne rendiamo conto mentre cammina nei solitari vicoli di Roma, stanca e tormentata dal passato e dal presente. Quei momenti costituiscono la parte più riuscita dell’opera, anche la più comunicativa: scene nelle quali mostrare la sua apparente immobilità, le sue insicurezze e il peso di una vita che non è stata solo applausi e riconoscimenti ma anche dolore, affetti incerti e scelte difficili.
Purtroppo raggiunta la metà questo aspetto viene messo un po’ da parte per far viaggiare la narrazione verso uno stile di biopic più classico e lineare. Monica Guerritore, in veste anche di attrice, sceglie di caratterizzare la sua protagonista mettendole in bocca battute precise e compassate che, in certi momenti, vanno in contrasto con la Magnani più impulsiva e colloquiale, in un registro interpretativo poco chiaro e a tratti fuorviante. Come accennato prima il rigore si percepisce anche nella resa tecnica e nel montaggio. Ogni scena, che sia in esterno o in interno, viene ripresa e recitata in modo estremamente teatrale, con immagini dalla composizione impeccabile: una scelta stilistica interessante, considerato anche il personaggio raccontato, che però, man mano che il film procede lo incasella in una dimensione così rigida e austera che inevitabilmente viene sottratto spazio alla componente più emotiva, quella che dovrebbe far avvicinare lo spettatore alla protagonista e che invece la fa percepire come una figura distante e sfuggevole.
Anna non ci da molte informazioni sull’attrice, sulla sua carriera o sulle vicende personali: sceglie di raccontarcela attraverso i suoi ultimi anni di vita e di carriera e così facendo da per scontato che chi guarda abbia contezza di molte delle vicende, anche personali, che la riguardano. Un’opera un po’ più per cinefili, quindi, che mira a celebrare con rispetto e una certa reverenza, una delle figure più importanti del cinema italiano e internazionale, una donna complicata e malinconica, un’artista senza pari divisa tra luci e ombre.
Il primo film da regista di Monica Guerritore è dedicato a un’icona assoluta, una delle migliori interpreti italiane di sempre, forse la migliore. Anna Magnani era semplicemente La Magnani per tutti gli italiani, Nannarella per tutti i romani. Anna è il primo vero biopic dedicato all’attrice romana, una figura complessa, sempre contro tutto e tutti, la prima attrice italiana a vincere l’Oscar e nonostante questo finita presto nel dimenticatoio del cinema italiano. Proprio nel giorno della grande premiazione degli Academy Awards per La rosa tatuata inizia il film di Guerritore: è la notte del 21 marzo 1956, la Magnani attende la notizia da Los Angeles passeggiando solitaria per le vie della città con i suoi grandi amici, i gatti randagi di Roma. Già questa prima immagine rende bene l’idea del film che Guerritore ha in mente, un ricordo romantico e nostalgico di Nannarella, la donna del popolo, che riporta alla mente l’omaggio di Federico Fellini in Roma, l’unica occasione in cui il regista riminese ha diretto la Magnani.
Da qui in poi inizia una lunga sfilata carnevalesca di tutti quei volti che hanno accompagnato l’esistenza dell’attrice, dallo sbronzo Tennessee Williams ai collaboratori come Suso Cecchi D’Amico, Carol Levi e Ferruccio Ferrara, e poi il grande amore perduto Roberto Rossellini (un ottimo Tommaso Ragno), la celebre scena della corsa di Pina in Roma città aperta e il racconto della rottura in favore del rapporto amoroso e artistico con Ingrid Bergman. Guerritore racconta l’anima da Lupa indomita della Magnani, i vari litigi con i registi, come con Camerini, o il risentimento verso Pasolini – stavolta solo evocato -, o il caso di La ciociara, con il produttore Carlo Ponti e il suo modo di infilare nella sua parte la moglie Sophia Loren con il benestare di De Sica e Zavattini: “Dì a Ponti che la Magnani ha detto no”. Una delle scene più riuscite del film. “Sono eccessiva, sono volgare, urlo! Ma devo farlo perché nessuno lo fa per me”, è questo l’unico modo con cui l’attrice è riuscita a proteggere se stessa, La Magnani, ma allo stesso tempo si è fatta terra bruciata attorno, fino a quando il telefono ha smesso di squillare ed è lentamente scivolata nell’oscuro baratro dell’autocommiserazione.
Tra attacchi di gioia e tristezza profonda non resta molto del racconto dell’icona, non c’è nessuna evoluzione e nessuno studio del personaggio. Guerritore si limita ad imitare la Magnani, anche con successo, come nelle varie sfuriate e in certi sguardi in cui si fatica a distinguere l’attrice dal personaggio interpretato. Per il resto il film si muove sulla superficie di un personaggio mai approfondito realmente puntando tutto sulla lunga carrellata di maschere e sulle scene ben più intense ed emotive con il figlio Luca e la lotta alla poliomielite. Non era certo facile raccontare una figura del genere senza rischiare di essere completamente sovrastati, soprattutto per una regista esordiente. Forse l’unico ad esserci davvero riuscito resta il suo amico Federico in quei magnifici trenta secondi, ma a rispondergli c’ha già pensato Nannarella: “a Federì, va a dormì va
