Simone Massi

DATI TECNICI
Regia
Durata
Genere
Sceneggiatura
Montaggio
Musiche
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Ho scelto il titolo pensando a Gorizia come città di confine e ai canti di libertà che in essa hanno risuonato. Da un po’ di anni sono molto interessato alla ricerca storica e ai racconti orali: cerco di raccogliere le ultime testimonianze di quel che rimane di una generazione eroica, uomini e donne senza titoli di studio che hanno ricostruito l’Italia dopo le devastazioni della guerra e del nazifascismo”.Così l’animatore, regista e illustratore Simone Massi racconta la genesi del titolo Confini, canti, scelto per il corto d’animazione ispirato al tema della frontiera tra popoli e nazioni, presentato in anteprima mondiale venerdì 5 settembre: la proiezione, infatti, è l’evento speciale di chiusura di SIC@SIC, il programma di cortometraggi della 40ma Settimana Internazionale della Critica, quest’anno dedicato proprio al tema del confine, non solo come limite geografico, ma come ferita e possibilità.
Oh Gorizia tu sei maledetta /per ogni cuore che sente coscienza, risuonava la tragica canzone antimilitarista sull’infausta battaglia dell’Isonzo della prima guerra mondiale, in cui morirono oltre 20.000 soldati italiani. Ed è proprio nella città di frontiera friulana che si situa la piazza da cui il racconto di Massi parte, già nella prima scena, per poi far ritorno: la piazza della Transalpina. Un luogo altamente simbolico, che segna il confine tra due culture e due nazioni (Italia e Slovenia) dove oggi è letteralmente possibile tenere un piede di qua e l’altro all’estero, senza neanche saltare, ma che da oltre mezzo secolo, fino al 2004, era tagliato a metà da un muro di cemento che divideva non solo due paesi, ma anche amici, famiglie, l’intera comunità: una piazza che sembra pulsare al ritmo dei suoi tratti graffiati, come fosse un cuore che batte, perché pieno – forse troppo – di tante storie diverse, più o meno drammatiche.(…)
(…) Tornando sul tratto poetico e inconfondibile di Massi, esso nasce da una tecnica costituita da pastelli ad olio (bianchi e neri) stesi su carta, e poi graffiati con strumenti da incisione: un chiaroscuro ottenuto per sottrazione, come lui stesso ci spiega, in cui ‘si scava’ per tirar fuori la luce, che si deve al lavoro di una squadra di giovani illustratori. E illuminato con un’eleganza irraggiungibile a qualsiasi computer grafica, quel segno animato scandisce ogni aspetto del tempo, come i versi di una poesia: attraverso il disegno, la memoria ritorna su storie private e collettive – come quella straziante di Bratuž – già dagli inconfondibili elmetti della ‘grande’ guerra, con i suoi milioni di vite al macello. E poi le lettere, che si spedivano quegli sventurati uomini e donne ‘senza titoli di studio’, e le tante, troppe croci… ma anche gli elementi della natura, e le famiglie, i volti… anche quelli delle storie positive, quelle sì coraggiose, portatrici di grandi speranze. Fino al volo di una colomba di pace, che con le sue ali sembra abbracciare lo spettatore. O alla presenza quasi “subliminale” del volto di Franco Basaglia, con tutto quel che ha portato e continua a portare con sé in termini di ‘apertura’ – e non solo in quella terra – contro la chiusura, contro ogni stigma, contro ogni confine. (…)