Georgi M. Unkovski

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Un coming age, colorito e colorato, come gli abiti tradizionali femminili e come la pecora rosa, che resta forse l’emblema adatto all’opera interessante dell’esordiente regista e sceneggiatore Georgi M. Unkovski, che ci parla della sua terra con calore e comprensione. La musica è il mezzo con cui i giovani reagiscono e si innamorano.
In pochi istanti di visione, lo spettatore intuisce l’ambientazione e la situazione in cui si svolge questa storia di formazione di un vivace e sveglio quindicenne che vive in un villaggio della Macedonia del Nord abitato da una non numerosa popolazione appartenente alla minoranza Yuruk, dedita all’agricoltura e alla pastorizia. Non sfugge neanche che nell’introduzione e nel finale, oltre a qualche intermezzo, un piccolo gruppo di donne, vestite in abiti tradizionali dai colori vivaci, parlano raccontandosi di un sogno (un terremoto, un temporale ed altri accadimenti naturali) a mo’ di coro greco, all’ombra di un grande albero in cima ad un rialzo del verde prato.
Ciò che invece notiamo subito è che l’adolescente Ahmet, seduto nel banco della scuola che frequenta, sta condividendo gli auricolari con il compagno per ascoltare musica da discoteca, accennando ad alcuni gesti da ballo, mentre entra il professore che cerca chi si chiama come lui. Si alzano addirittura in quattro, a dimostrazione di quanti si chiamino così, ma il desiderato è proprio il nostro, a cui il docente comunica che è atteso in direzione dove viene avvisato che il padre sta passando a prenderlo. Il motivo è semplice ma anche desolante: essendo rimasto orfano di madre insieme al fratellino Naim, il papà, che ha appena comprato 20 pecore, ha bisogno di lui per governare gli animali e badare al resto soprattutto quando condurrà il piccolo dal guaritore, perché (forse a causa della perdita della mamma) non parla più. Il giovanotto ci resta male, amando frequentare la scuola, ma il papà è in difficoltà con la sua attività e ha necessità di essere aiutato.
Più che mai il ragazzo trova rifugio nella amata musica che usa per sfuggire alla sua vita agra maggiormente adesso che il padre lo ha addirittura ritirato dagli studi: uomo triste, povero e burbero, che non ammette le distrazioni che colgono normalmente i giovani, non concedendo al figlio neanche lo svago di un paio di piccoli altoparlanti da PC per trasmettere le canzoni del suo smartphone. Ahmet e Naim sono molto legati e si divertono a ballare insieme ogni volta che possono. La musica li fa sentire vivi e sorridono quando si scatenano con le note dei brani di moda. Quando un giorno Ahmet scorge nella campagna Aya, una ragazza tornata appositamente dalla Germania per sposare un uomo più grande che non conosce e che quindi non ama, così come si usa da quelle parti, ne resta talmente folgorato che reagisce scappando via spaventato come non gli era mai capitato. Una vibrazione mai avvertita prima! Anche lei usa la musica per sentirsi libera e, con grande timidezza e impaccio, la avvicina col pretesto della musica. Lei, come sempre succede a quell’età, è più sicura e spavalda dell’altro, che ne resta sempre soggiogato dalla bellezza. Insieme, però, decidono di preparare una coreografia segreta per un festival di danza in occasione della festa che si terrà in paese, usando nuovi altoparlanti stereo (le cassette sono state già requisite dal papà) montati sul trattore di famiglia. La loro attrazione è spontanea e luminosa e tra loro nasce una storia d’amore. Con un matrimonio già combinato e prossimo alla realizzazione i problemi non tardano a venire.(…)
(…) Il film è stato presentato al Sundance Film Festival e ha colpito per la sua dolcezza e sincerità. Anche se la trama è un po’ frammentata, gli attori giovani sono molto bravi e rendono la storia emozionante. Il regista usa la luce e la musica in modo creativo, e inserisce anche momenti divertenti, come la pecora rosa e alcune gag comiche nel villaggio. Non solo. C’è anche il tocco fiabesco delle donne accennate all’inizio, le quali, le anziane soprattutto, raccontano la storia da lontano in un’inquadratura da lontano, come se fosse un ricordo magico. Questo ci aiuta ad accettare gli elementi più stranianti e peculiari del film. E come ogni storia di coming age, è una storia delicata con i momenti drammatici che caratterizzano sempre i romanzi di formazione, facendoci sorridere per la semplicità delle azioni degli adolescenti allorquando scoprono i primi sintomi di quella primavera chiamata amore giovanile.
La colonna sonora, composta dai fratelli Alen e Nenad Sinkauz, mescola musica tradizionale e tanti suoni moderni accompagnati da luci coloratissime e dai balli sfrenati dei giovani in cerca di libertà d’espressione e di personalità. Difatti, il film è colorato e pieno di energia, con costumi vivaci e scene suggestive. Anche se parla di temi già visti, lo fa con cuore e originalità, toccando con intelligenza l’argomento dello scontro tra tradizione e modernità, tra matrimoni a tavolino e techno music. Il lato semitriste è che Aya avrà il coraggio della fuga, mentre Ahmet, che con la sua musica ha fatto la rivoluzione in paese e che quindi viene ribattezzato DJ, dovrà accontentarsi di restare e restare solo, con l’unica consolazione (che non è poco) che il fratellino Naim, libero dallo shock, torna a parlare per la felicità di tutti. L’amore non trionfa ma fa vincere le paure e fa affermare le personalità della nuova generazione.
Un film colorito e colorato, come gli abiti tradizionali femminili e come la pecora rosa, che resta forse l’emblema adatto all’opera interessante dell’esordiente regista e sceneggiatore Georgi M. Unkovski, il cui stile ci parla della sua terra con calore e comprensione. Anche quando mostra il conflitto tra tradizione e modernità, evita ogni tono polemico, trattando i personaggi con rispetto, anche quelli più rigidi, come il padre, il papà della sposa promessa o il guaritore. L’utilizzo della musica è funzionale: è centrale non solo come colonna sonora ma come motore narrativo. È il mezzo con cui i personaggi comunicano, si ribellano, si innamorano. In sintesi, Unkovski è un regista che osserva con affetto, che crede nella forza della musica e nella bellezza delle piccole cose.
