Luc Besson

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Diciamo le cose come stanno: un po’ tutti, almeno tra quelli che conosco, tutti, dicevo, quelli che avevano visto il trailer di questo nuovo adattamento di “Dracula” diretto da Luc Besson avevano commentato dicendo: “Eh, ma è uguale a quello di Coppola”. Pare che, udite certe rimostranze, Besson abbia detto che lui si è rifatto all’iconografia del personaggio così come codificata da Bram Stoker, e che mica è colpa sua se Dracula l’hanno disegnato così. Così come già l’aveva fatto Coppola.
Poi lo sappiamo tutti che Besson – che quando vuole è un signor regista – è un vecchio volpone, e che probabilmente ha fatto apposta a mettere nel trailer solo certe cose, e che comunque è uno sgamato, e allora tutto sommato non è stata nemmeno una grande sorpresa il verificare che sì, certo, ci sono dei punti in comune nella trama e nell’approccio, e sì, certo, il Dracula incartapecorito di Caleb Landry Jones è praticamente identico a quelli di Gary Oldman, ma al netto di tutto questo il film del francese è molto diverso da quello dell’americano (e non solo per il fatto di avere Parigi al posto di Londra: che poi io vorrei vederlo un regista italiano avere il coraggio di fare Dracula a Roma) e comunque dagli altri Dracula della storia del cinema.
Parigi al posto di Londra, la vampira assatanata che rotea vogliosa la lingua di Matilda De Angelis al posto del più tradizionale Renfield, un Jonathan Harker fessacchiottissimo e tutto sommato intuile e un Christoph Waltz prete danbrownesco e un po’ esorcista al posto dell’abituale Van Helsing. Tutte variazioni che danno l’idea, più sullo schermo che sulla carta, di come l’approccio di Besson sarà pure stato quello di essere fedele al libro di Stoker, ma ancora di più quello di agire come se in mezzo, tra romanzo e film, ci sia stato un fumetto, un fumetto alla Adèle Blanc-Sec, tanto per intenderci. Ecco che allora non sorpende come, nel mezzo di un film che non è mai nemmeno lontanamente horror, ma che ha o cerca la sua intensità e la sua tensione altrove e in altri generi, ci siano momenti, situazioni e personaggi a cui Besson dà evidentemente l’incarico di essere comici al limiti del demenziale.
Eppure, si diceva, non è che il film non cerchi una sua serietà e una sua intensità.
Ma Besson è sornione, un bambinone che col cinema e Stoker gioca sparigliando le carte e riscrivendo le regole, e facendo del suo film qualcosa di quasi inatteso. “Quasi” perché il titolo, sia quello italiano (Dracula: L’Amore Perduto) che quello originale/internazionale (Dracula: A Love Tale), stanno lì a indicare senza ambiguità dov’è che il regista francese voglia andare a parare, con questo suo film. La storia del Dracula di Besson è infatti solo ed esclusivamente quella di un grande amore che attraversa i secoli, quella tra Vlad e Elisabetta . Certo, direte voi, è come nel libro. Come in Coppola, no? E no, non è esattamente la stessa cosa. E non solo perché Coppola aveva tutta un’altra complessità e tutto un’altro spessore dal punto di vista del cinema e della stratificazione del racconto.
