Ron Howard

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Il film inizia nel 1929: a seguito del dilagare in Europa di sentimenti fascisti, e quindi di un clima per lui insostenibile, il dottor Friedrich Ritter si trasferisce con la moglie Dora Strauch Ritter sull’isola di Floreana, nell’arcipelago delle Galápagos e lontano dalla civiltà, per scrivere una sorta di manifesto di “nuovo ordine mondiale” e rendere evidenti agli uomini le contraddizioni e le bugie che caratterizzano quello vecchio. Negli anni seguenti, la loro storia fa un po’ il giro del mondo, sinché nel 1932 un’altra famiglia, i Wittmer, ovvero Heinz e Margret sbarcano sull’isola di Floreana con la speranza di una vita migliore. Sono mossi, però, da bisogni ben più pragmatici e concreti: è tempo di crisi economica, infatti, ed essi non possono permettersi le cure in sanatorio contro la tubercolosi per il primo figlio di Heinz. Qui fanno la conoscenza dei Ritter, che nei tre anni trascorsi dal loro approdo nell’arcipelago hanno imparato ad adattarsi alla vita selvaggia di Floreana e che fin da subito si mostrano insofferenti nei loro confronti, tanto da spingersi a non dare alla famiglia tutti i consigli necessari su come sopravvivere lì, con la speranza che presto possano desistere e andarsene. Ma le tensioni sono destinate ad aumentare, soprattutto quando sull’isola sbarca una nuova colona, la baronessa Eloise Bosquet de Wagner con il suo entourage, intenzionata a sfruttare le enormi potenzialità esotiche dell’incontaminata isola del Pacifico per fini di lucro, e cioè costruendo un resort di lusso destinato a persone facoltose.
Si delinea così un microcosmo triangolare di forze pari in intensità ma opposte in intenti, metafora in scala ridotta della società intera: i Ritter rappresentano gli intellettuali medio-borghesi, i Wittmer invece il ceto medio-basso e lavoratore, mentre la baronessa e la sua servitù la nobiltà di alta classe. Infatti il dottore e sua moglie sembrano, almeno inizialmente, interessati soprattutto a vivere secondo la loro filosofia con lo scopo di trarne quanto più possibile beneficio per andare avanti con la stesura del loro libro-manifesto. D’altro canto, la preoccupazione maggiore dei Wittmer è invece quella di rimboccarsi le maniche per adattarsi ad uno stile di vita estremo e improntato al lavoro nei campi e col bestiame, mentre la baronessa passa gran parte del suo tempo a dare ordini ai suoi sottoposti affinché soddisfino ogni suo minimo capriccio.
I Ritter corrispondono quindi a quel tipo di intellettuali che si considerano superiori rispetto alla società in cui vivono, e che piuttosto che diventarne parte attiva facendo fruttare la loro istruzione preferiscono ritirarsi in una torre d’avorio e isolarsi dalla civiltà, credendo possibile realizzare le loro utopie semplicemente battendo lettere a macchina e vivendo di soli ortaggi. Di contro, i Wittmer sono di animo umile e dallo sguardo ingenuo, fedeli alle tradizioni familiari che vogliono la moglie come classico “angelo del focolare”, ma mossi al contempo da una volontà di ferro e da una sincera determinazione nel costruirsi una nuova vita. A destabilizzare profondamente gli equilibri dei coloni però è più di tutti la baronessa, vera e propria seminatrice di discordia tra le famiglie sull’isola, il cui sadismo nel mettere gli uni contro gli altri per ottenerne la volontaria dipartita dall’isola rasenta la perversione ed è atta a rendere Floreana di sua esclusiva proprietà, per poterla sfruttare economicamente al massimo e senza ostacoli umani. Ognuno insegue il suo Eden, quindi, sia esso un progetto socio-politico teorico-filosofico, una terra accogliente dove poter crescere i propri figli oppure un paradiso sperduto dove gli abbienti possano svernare spendendo le loro ricchezze. Inevitabilmente, gli attriti che si generano da queste visioni del mondo così opposte le une dalle altre aumenteranno a dismisura, fino a tragiche conseguenze.
Fin dalle prime battute che scambia coi Wittmer, il dottor Ritter sentenzia che la Storia avanza per cicli ripetuti di “democrazia, fascismo, guerre”. Non stupisce quindi che anche EDEN sia diviso negli stessi quattro capitoli che scandiscono la vita umana fin dall’alba dei tempi, ovvero le stagioni: si parte dall’inverno per arrivare all’autunno, passando ovviamente per primavera ed estate. Non solo: ciclici sono anche i torti che, sia per calcolo, sia per incomprensione, o banalmente per auto-difesa, i coloni si infliggono l’un l’altro. Nessuno può fidarsi veramente di nessuno, in un classico meccanismo di competizione che ricalca pedissequamente il principio latino “mors tua vita mea”: frequenti a schermo sono infatti le immagini romantico-sublimi della natura selvaggia, come ad esempio uccelli rapaci che ghermiscono la preda, scheletri di iguane in decomposizione spolpati da animali saprofagi oppure il più tradizionale mare in tempesta.
In questo senso, EDEN trae evidente ispirazione da “Lezioni di piano” di Jane Campion, poiché dalla pellicola della regista neozelandese Howard riprende lo sbarco sulla spiaggia, l’accostamento tra l’animo dei personaggi e la natura primigenia nonché la volontà, da parte dei coloni, di piegare quest’ultima al loro volere per creare nuove comunità. Se però nel film della Campion la natura indomita si fa metafora della passione amorosa dei personaggi, e quindi di qualcosa perlopiù di positivo, per Howard essa riflette invece qualcosa di esclusivamente negativo, ovvero il desiderio di prevaricazione sui più deboli. In EDEN vengono infatti costantemente orchestrate a schermo le malefatte tra le tre famiglie, con la baronessa de Wagner in qualità di principale artefice e i Wittmer di primarie vittime, anche se non sempre i rapporti di forza sono così lineari.