Malamore

Francesca Schirru

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Il film racconta una storia di oggi. Siamo nel cuore della Puglia. Mary, giovane amante pentita del pregiudicato Nunzio, vorrebbe troncare questa storia malata e asfissiante, ma ha paura delle conseguenze. Dall'incontro con Giulio, il nuovo insegnante di equitazione del maneggio che frequenta, nasce una relazione d'amore, che le dà la forza finale di iniziare un processo di distacco. Michele, amico d'infanzia di Mary, nonché sgherro di Nunzio, tenta di metterla in guardia e farle cambiare idea, ma Mary decide di vivere il suo amore con Giulio. Ferito nell'orgoglio, Nunzio, sposato con Carmela, che durante la reclusione ha gestito tutti suoi traffici, decide di vendicarsi... Una storia di amore e di sangue dove i veri elementi sovversivi e rinnovatori sembrano essere l'amore e l'amicizia.
DATI TECNICI
Regia
Francesca Schirru
Interpreti
Giulia Schiavo, Simone Susinna, Antonella Carone, Antonio Orlando, Simon Grechi, Domenico Fortunato
Durata
107 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Francesca Schirru, Cesare Fragnelli
Fotografia
Filippo Silvestris
Montaggio
Mauro Ruvolo
Musiche
Matteo Passarelli
Distribuzione
01 Distribution
Nazionalità
Italia
Anno
2025

Presentazione e critica

Emancipazione, differenze di genere, libertà, violenza di genere, criminalità e corruzione: Malamore parla di tutto questo e lo fa attraverso una storia d’amore, attraverso una protagonista che subisce l’aggressività di un uomo che, a detta di lei stessa “è cambiato”. Che sia stato il sistema carcerario o che la violenza fosse insita dentro di lui da tempo e aspettava solo il momento e il pretesto per esternarsi in tutta la sua crudeltà, non è dato saperlo. Tra la paura delle conseguenze, essendo l’antagonista Nunzio boss di un’importante organizzazione criminale, con pericoli che potrebbero abbattersi anche su chi è più vicino alla protagonista Mary, Malamore affronta così anche l’insormontabile difficoltà che si vive nell’allontanarsi e chiudere definitivamente una relazione tossica. Creando un intreccio che si risolve con qualche colpo di scena e che forse eccede leggermente sul finale, mirando ancor di più a rendere Malamore effige e progetto della spregiudicata efferatezza che nasce, matura e aumenta in un mondo dilaniato dalla criminalità.

L’amore, la fiducia e gli affetti diventando gli elementi rivoluzionari e sovversivi per abbattere un sistema che regola le vite, distrugge i sogni e non accetta nessuna possibilità di evoluzione; cinema e televisione insegnano come nel mondo della criminalità spesso non ci sia spazio per sentimenti sinceri e puri, per il rimorso o il perdono. Caricati da un senso di giustizia che divora dall’interno, quando i limiti vengono superati. Per quanto l’ambiente criminale giochi un ruolo sostanziale nel film, si rivela cornice e opportunità per raccontare realmente il tema della violenza, della mascolinità tossica più nociva e letale, apparentemente senza speranze. Indurita dal codice d’onore, dalla vendetta e dal background, ma più di tutte legata, con incandescente semplicità, alla scelta consapevole di non accettare un rifiuto. Non si tratta infatti di un’incapacità, ma di una decisione che se presa dalla figura femminile, non ha alcuna voce in capitolo, giustifica qualsiasi innominabile atto. E Francesca Schirru chiarisce come questa convinzione della mente Nunzio non deriva dal suo legame con la malavita.

Riprese dall’alto, momenti onirici che calcano la mano sul dramma, e una regia che, precisa e minuziosa, senza mai esagerare, si abbandona a descrizioni di come carichi di droga arrivino nei porti, di come vengano smistati e poi trasportati dal mare alla terraferma. I colori caldi e vividi della fotografia creano un contrasto con il mondo duro, crudo e spietato che viene raccontato, creando così immagini poetiche e scintillanti, mostrando situazioni di estrema tragicità, di irrisolvibile complicazione e di puro terrore. Gli occhi di Giulia Schiavo si illuminano di amore e della possibilità di una vita lontano da quel mondo nell’incontro con un personaggio simbolo di speranza, ma allo stesso modo poi si spengono, diventando umidi, nebbiosi, vacui. La sceneggiatura, senza brillare, è realistica e verosimile, lasciando da parte una vena poetica che nell’asprezza e malvagità del film avrebbe potuto stonare e non creare lo stesso effetto dato invece della fotografia. Il montaggio alterna scene apparentemente slegate dal racconto, ma che poi sorprendono nella risoluzione di quei cliffhanger che accentuano l’andatura cadenzata della storia.

Malamore sono quelle diverse forme di libertà ordinarie e comuni, ma quasi pallide utopie senza meta nel mondo criminale. Se l’amore e l’affetto non hanno la stessa valenza, anche la libertà, che in ogni contesto è tanto ambita e agognata, ha significati opposti. Malamore sono i diversi profili di sopravvivenza femminile di donne vittime perseguite e oppresse da uomini avidi, finti padroni e ignari dominatori, accecati solo dalla logica del potere. Malamore sono le differenze di genere che mai sembrano riuscire a non trasformarsi in violenza di genere. Ma soprattutto Malamore ragiona anche su quel problema spesso a monte di tutto: si ha una vaga idea di quanto possa essere difficile capire di star vivendo e riuscire quindi ad uscire da un relazione tossica? Una domanda che non sempre ci si pone. Malamore è tutto questo, insieme a una trama fitta e satura, che nel rischio di dire troppo, riesce poi a concludere ognuna delle storyline aperte all’inizio. Concludendo una storia che si rivela imprevedibile, dove violenza e sofferenza sono complementari, causa e conseguenza l’una dell’altra. Unite anche dalla loro capacità di rendersi invisibili.

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