Per te

Alessandro Aronadio

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Per Te, racconta la toccante storia del piccolo Mattia, un bambino che a soli undici anni ha dovuto affrontare una realtà molto diversa da quella dei suoi coetanei. Il rapporto tra Mattia e suo padre Paolo, poco più che quarantenne, è molto speciale. L’uomo, ha iniziato lentamente a perdere frammenti della propria memoria a causa di una malattia neuro-degenerativa. Nonostante la sua vulnerabilità e l’incertezza riguardo al futuro, Paolo sceglie comunque di rimanere vicino a ciò che davvero conta nella sua vita, l’amore per la sua famiglia. Accanto a lui c'è la moglie Michela , presenza silenziosa ma fondamentale, e suo figlio Mattia, che con una maturità straordinaria diventa la sua guida, il suo sostegno e un compagno di vita
DATI TECNICI
Regia
Alessandro Aronadio
Interpreti
Edoardo Leo, Javier Francesco Leoni, Teresa Saponangelo, Guia Jelo, Giorgio Montanini, Eleonora Giovanardi, Daniele Parisi
Durata
115 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Alessandro Aronadio, Ivano Fachin, Renato Sannio
Fotografia
Andrea Reitano
Montaggio
Roberto Di Tanna
Musiche
Santi Pulvirenti
Distribuzione
Piper Film
Nazionalità
Italia
Anno
2025

Presentazione e critica

In Per te l’attore interpreta Paolo, un uomo che poco più che quarantenne viene diagnosticato di una forma precoce di Alzhaimer con la prospettiva annunciatagli dal medico di arrivare a dimenticare tutto nel giro di 8/9 mesi, cominciando da eventi e dettagli recenti per arrivare ai ricordi e gli affetti di una vita. Una di quelle notizie che ti cambiano l’esistenza e che Paolo necessita di metabolizzare per poterci fare i conti. Da subito però il suo quotidiano inevitabilmente cambia, andando a influire sia sul rapporto con la moglie che soprattutto quello più delicato con il figlio Mattia.
La difficoltà maggiore che deve affrontare è di informare il bambino della situazione, prepararlo a una vita che irrimediabilmente dovrà mutare e prendere direzioni diverse. Prende del tempo dal lavoro, inizia a passare più tempo con lui in situazioni che appaiono inizialmente forzate e poco spontanee, ma gettano le basi per quello che sarebbe venuto e per quel rapporto di cura e dedizione che al piccolo Mattia, quello vero che abita il nostro paese, è valso il riconoscimento di Alfiere della Repubblica insignitogli direttamente dal Presidente Mattarella.

Se la prova di Edoardo Leo è ovviamente quella più delicata, perché deve portare su schermo un uomo smarrito che deve capire come affrontare il presente ancor più del futuro in cui sarà immerso nella malattia e stravolto da essa, il regista Alessandro Aronadio concentra l’attenzione su tutte le dinamiche familiari che subiscono l’impatto della notizia. In questo si dimostra abile e in parte Teresa Sapoangelo che porta su schermo la moglie di Paolo, ma ancor di più il giovanissimo Javier Francesco Leoni che ha l’onore e onere di trasporre su schermo il vero Mattia.
Il giovane interprete non si dimostra bravo soltanto in quanto a intensità ed espressività sempre a fuoco sul momento che sta vivendo, ma soprattutto per il rapporto padre/figlio che riesce a instaurare e dimostrane con il collega adulto Edoardo Leo: la confusione, lo smarrimento, l’impotenza e poi la dedizione e comprensione che riesce a trasmettere in sequenze in cui i ruoli diventano quasi invertiti, in cui è lui a doversi prendere cura del padre, che Aronadio concerta con grazia e quel pizzico di leggerezza che gli evita di scivolare in un pietismo che sarebbe stato inutile.

Alessandro Aronadio ha infatti il merito di evitare e aggirare le trappole più classiche di questo tipo di storia e che porta su schermo drammi reali, e lo fa sia valorizzando una scrittura accorta che sa essere leggera dove possibile, sia affidandosi a un montaggio in grado di trasmettere lo smarrimento senza renderlo asfissiante. A questo aggiungo un ulteriore livello dal piglio cinefilo, non solo in una toccante visione padre/figlio che sa di iniziazione, ma anche in citazioni e riferimenti a un certo cinema del passato che gravita attorno ai gusti e le passione della madre di Mattia, con Buster Keaton su tutti. Così Per te funziona nel portare su schermo la storia di un uomo, della sua famiglia e delle loro esistenze cambiate, che hanno dovuto fare i conti con la realtà e accettare il cammino da prendere tutti insieme, ma anche come opera con un suo senso cinematografico peculiare e sentito. Per Paolo e non solo per lui.

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La memoria per un essere umano è la cosa più importante: è la custode degli affetti, dei ricordi e degli incontri che ci hanno formato, nel bene e nel male. Perderla è devastante per tutti, per chi sa che succederà e per chi ha legami affettivi con la persona in questione. Per te di Alessandro Aronadio, prodotto e interpretato da Edoardo Leo, che mette tutto se stesso nel ruolo, è ispirato alla storia di un giovane padre, Paolo, colpito poco dopo i 40 anni dall’Alzheimer precoce, e della sua famiglia, col rapporto speciale che ha col figlio Mattia, ancora piccolo, che lo aiuta nella quotidianità al punto da essere insignito del titolo di Alfiere della Repubblica nel 2021 dal presidente Mattarella. Per fare su un argomento del genere un film di finzione, che arrivi ad un pubblico più ampio possibile , bisogna operare scelte narrative congrue e coraggiose, che da un lato mantengano il rispetto per le vere persone coinvolte e dall’altro dia a un regista e ai suoi interpreti la necessaria libertà per raccontare una storia che riguarda molti, pur nella sua apparente eccezionalità.

I film sulle malattie degenerative o incurabili sono un terreno scivoloso: possono essere a modo loro retorici e ricattatori, lavare la coscienza dello spettatore per il tempo della visione o spaventarlo al punto da essere rifiutati, ma quando sono ben fatti e con una scelta stilistica ben precisa questo rischio non si corre. Alessandro Aronadio, coi suoi coautori Ivano Fachin e Renato Sannio, inizia dalla gioia dell’amore e del ricordo (e da serate che nascondono un desiderio di normalità ormai impossibile), accompagnando il film con una bellissima colonna sonora degli anni Venti del secolo scorso, in una cornice che rimanda ai capolavori di Buster Keaton, uomo a cui capitano catastrofi inenarrabili ma che resta imperturbabile di fronte alle tragedie della vita. E’ la moglie Michela ad aver trasmesso a Mattia la passione per questo cinema, mentre Paolo, prima di rivelare al figlio cosa sta succedendo dopo un periodo straniante per il ragazzino, condivide con lui la visione di uno dei suoi film preferiti, Rocky. Keaton con le sue spericolate acrobazie e il pugile che resta in piedi anche se perde sono due ovvie metafore dell’imprevedibilità della vita, ma anche i due lati di un ritratto famigliare che si compenetra, che è unito dall’amore, dal senso dell’ironia e da un pizzico di follia che inizialmente, dopo la diagnosi, la coppia cerca di ricreare.

A un certo punto questo viaggio pieno di incidenti di percorso, ma la cui meta purtroppo è ben chiara, si trasforma in un vero e proprio road movie, quando Paolo porta il figlio a trovare lo zio (un gigantesco Giorgio Montanini) con cui non ha rapporti da anni, per ricucire in nome dei ricordi comuni il loro travagliato legame. Anche il fratello è prigioniero di una memoria, immutabile e mai toccata, quella dell’infanzia conseguente alla perdita della madre prima e di entrambi i genitori poi. Edoardo Leo, dicevamo, dimostra di possedere corde di attore molto duttili e sensibili, non solo quando fa il buffone ma soprattutto nelle scene in cui lo sguardo e la postura esprimono tutta la devastazione di una malattia che non lascia scampo. Teresa Saponangelo è una delle attrici più naturali e sensibili del nostro cinema e la sua Michela ci ruba l’anima: un esempio per il marito e per il figlio, invece di cedere alla disperazione cerca di vivere la quotidianità il più possibile, e pur nella sofferenza non perde mai il sorriso e l’amore per l’uomo che non smetterà di amare anche se prima o poi di lui resterà solo un involucro perso in un suo mondo che taglierà fuori per sempre lei e il figlio. Sul rapporto con Mattia (lo spontaneo ed espressivo Javier Francesco Leoni) si concentra buona parte del film, perché – come accadeva in 18 regali, anch’esso ispirato a una storia vera – il padre sa che il tempo trascorso con lui è limitato e cerca di tamponare la sua assenza (anche se non fisica in questo caso ma mentale) regalando al figlio il ricordo di un padre amorevole e presente. Per te non è un film che maschera il dramma di una diagnosi terribile (ci sono scene che mettono i brividi e una che sembra girata all’insaputa dei passanti) e non offre illusorie speranze, ma ricorda a tutti che l’amore dato non è mai sprecato e che il tempo che abbiamo, e che non sappiamo quanto sia, dovremmo dedicarlo a quello che veramente conta nella vita, perché qualcuno possa ricordarci, qualunque sia il nostro destino.

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