Ritrovarsi a Tokyo

Guillaume Senez

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Jerome, detto Jay, è un tassista francese che vive a Tokyo, ma è soprattutto un padre separato che non vede l'ora di ritrovare sua figlia Lily. In Giappone la legge non prevede l'affido congiunto, così Jay spera almeno di rintracciarla girando con il taxi per tutta la città. Nel frattempo aiuta la sua amica Jessica, che si trova nella sua stessa situazione, a rivedere suo figlio. Nulla è facile come sembra, ai genitori europei la burocrazia nipponica appare come una barriera insormontabile, bisogna ricorrere a metodi più empirici, più umani, solo così l'impossibile "caccia al tesoro" filiale può trasformarsi in una concreta opportunità di incontro tra un genitore disperato e sua figlia. Un commovente dramma sulla paternità e insieme un'opera di sottile denuncia sulla rigida legge nipponica in tema di affidamento, Ritrovarsi a Tokyo di Guillaume Senez.

DATI TECNICI
Regia
Guillaume Senez
Interpreti
Romain Duris, Judith Chemla, Mei Cirne-Masuki, Tsuyu, Shungiku Uchida
Durata
98 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Guillaume Senez, Jean Denizot
Fotografia
Elin Kirschfink
Montaggio
Julie Brenta
Musiche
Olivier Marguerit
Distribuzione
Teodora Film
Nazionalità
Francia, Belgio, Giappone, USA
Anno
2024

Presentazione e critica

Jerome, detto Jay, è un tassista francese che vive a Tokyo, ma è soprattutto un padre separato che non vede l’ora di ritrovare sua figlia Lily. In Giappone la legge non prevede l’affido congiunto, così Jay spera almeno di rintracciarla girando con il taxi per tutta la città. Nel frattempo aiuta la sua amica Jessica, che si trova nella sua stessa situazione, a rivedere suo figlio. Nulla è facile come sembra, ai genitori europei la burocrazia nipponica appare come una barriera insormontabile, bisogna ricorrere a metodi più empirici, più umani, solo così l’impossibile “caccia al tesoro” filiale può trasformarsi in una concreta opportunità di incontro tra un genitore disperato e sua figlia. È un commovente dramma sulla paternità e insieme un’opera di sottile denuncia sulla rigida legge nipponica in tema di affidamento, Ritrovarsi a Tokyo di Guillaume Senez. Il titolo italiano già svela l’intento del protagonista, interpretato in modo profondamente umano, empatico e convincente dal francese Romain Duris, che a sette anni da Le nostre battaglie torna a farsi dirigere da Senez e per l’occasione ha imparato il giapponese. Ovvero ritrovare sua figlia in una metropoli di milioni di persone, tramite il suo taxi. Il titolo originale insisteva sul senso di questa ricerca, ritrovare “una parte mancante” di sé.

Vale la pena dirlo subito, non si tratta del solito film retorico di ricongiungimento padre-figli, ma di un’opera sensibile e struggente su come in certi Paesi, tipo appunto il Giappone, la genitorialità diventi una sfida sempre più ardua e a tratti crudele. Specie se, come in questo caso, non viene legislativamente previsto l’affido congiunto e si favorisce spudoratamente il genitore giapponese, dunque ad un europeo come Jay – e come la sua amica Jessica (l’ottima Judith Chemia) – non resta che occuparsi del mantenimento e sperare di rintracciare una figlia che non riesce a vedere da nove anni e su cui non può vantare nessun diritto, pena punizioni severe tra cui il rimpatrio in terra d’origine. È un tema decisamente inedito, quello di cui sceglie di occuparsi Guillaume Senez, regista e cosceneggiatore di evidente sensibilità, che ci ha abituato a riflessioni sulla paternità ma anche sul senso di appartenenza. Con lo spessore umano che caratterizza le sue opere precedenti, finisce questa volta per firmare un’opera toccante e malinconica, un film sulla resistenza di un uomo, o meglio di un padre-coraggio, in un Paese che gli è ostile in tutto e per tutto nel nome dell’amore più alto, quello verso una figlia pressoché sconosciuta. Tutto raccontato senza retorica, con punte insperate di sottile ironia – la scena in cui si stappa una bottiglia di vino con una scarpa battuta a forza contro un muro resta impressa e strappa un sorriso – in un’atmosfera di continua ricerca che è al contempo disvelamento e ribaltamento di un’immagine stereotipata, quella del Giappone-zen dove tutto funziona a meraviglia.

Senza nulla togliere al fascino di una città come Tokyo che Senez riprende in modo suggestivo, qui emerge prepotentemente l’altra faccia del Giappone, quella nazionalista, severa, rigidamente chiusa in se stessa nel nome di norme autoprotettive che sfiorano il disumano e sanno di xenofobia. Il resto sta tutto nell’interpretazione magistrale di Romain Duris, che ricorda per lo spirito di battaglia sociopolitica contro l’ingiustizia di un intero sistema più grande di lui e, insieme, per la performance squisitamente in sottrazione fatta di sguardi laconici e di silenzi malinconici più che di scene madri, quella pluripremiata di Fernanda Torres in Io sono ancora qui. Che in effetti potrebbe essere un altro titolo perfetto per questo film.

 

Mymovies

Non bastasse il motivo che spinge il francese Jay a restare in una terra straniera, a commuovere in Ritrovarsi a Tokyo sono le modalità con cui resiste in una patria che non gli appartiene. Come fosse bloccato in un limbo, Jay ha imparato il giapponese, preso confidenza con i quartieri della metropoli, trovato un lavoro che non sta a noi definire simbolico. Fa il tassista, appunto, perché, a forza di guidare, girare, scoprire nuovi posti, spera di ritrovare Lily, la figlia ormai adolescente che non vede da nove anni, da quando si è lasciato in malo modo con una donna giapponese.

La legge non prevede l’affido congiunto e “tende” a favorire il genitore locale: l’altro, generalmente immigrato, non può vedere il figlio ma deve comunque occuparsi del mantenimento e sperare, una volta compiuta la maggiore età, che quel figlio abbia voglia di riallacciare un rapporto con una persona che non l’ha visto crescere. La situazione è così disgraziata che il protagonista si fa quasi convincere dal padre a tornare in Francia per avviare un’attività: ovviamente il destino ci mette il suo e, con la complicità di un collega, Jay riconosce sua figlia mentre sale sul taxi, senza che lei lo sappia chi sia quell’uomo alla guida. È proprio nella costruzione del personaggio che Guillaume Senez (anche sceneggiatore con Jean Denizot) riesce a gestire una materia incandescente, evitando le trappole del ricatto emotivo e le scene madri che invitano al pietismo. È struggente osservare la metodica determinazione con cui Jay combatte il senso di spaesamento in una città troppo grande e dalla vocazione malinconica (il collega che fugge dalla routine rifugiandosi nella pesca fine a se stessa, gli abusi di alcolici nelle ore notturne, il mare che bagna i ricordi) e cerca di fare i conti con l’ostilità di un luogo – e di un sistema – che gli ha tolto tutto e dove è costretto a galleggiare per immaginare la possibilità di un futuro nonostante tutto. ,Il magnifico Romain Duris, sempre sorprendente, incarna alla perfezione il titolo originale, la parte mancante, e anche quello della precedente collaborazione con Senez, le nostre battaglie: un fascio di nervi che lavora di sottrazione (mai una smorfia, mai un ammiccamento, mai un tremore fuori posto), un corpo che si porta addosso i segni di una tragedia privata (il tatuaggio in omaggio alla figlia perduta, il fisico emaciato, il sorriso triste). E Senez si conferma davvero un autore ammirevole, un limpido e pudico umanista che lavora sui gesti eludendone la retorica e sull’imprevedibile linearità del quotidiano, capace di posizionare un tema dentro una storia senza farla prigioniera, informandoci con precisione su un dramma che la narrazione giapponese tiene nascosto sotto la coltre dello spirito zen (c’è un’altra madre francese in lotta che si lamenta proprio di questo, dando conto della distanza culturale con un occidente non attrezzato a confrontarsi con un altro modello socioculturale). E ci restituisce un film straziante, che nella parte finale trova una luce di accecante bellezza, rivelando infine la via a una felicità che sfugge agli sguardi della gente.

 

Cinematografo

Una città vista da un abitacolo, di giorno e di notte, come fosse taxi driver in preda ai propri demoni. È questa l’inusuale ambientazione che racconta di come le pulite geometrie di una metropoli sempre più di moda, come Tokyo, diventano angoli taglienti che opprimono la quotidianità di Jay , un uomo che cerca sua figlia, Lily, da cui è separato da nove anni, sparita nei meandri della metropoli insieme alla madre. (…) Senez evita la Tokyo seducente dai colori sgargianti e la verticalità che mozza al fiato, si sposta di qualche chilometro per raccontare la città quotidiana vissuta realmente dai suoi abitanti, fredda e a tratti respingente, in cui lo scontro culturale finisce di essere seducente e mette in scena una rigidità che colpisce, pare, oltre 100 mila genitori ogni anno, coppie miste ma non solo. La camera segue in ogni fotogramma questo viaggio quotidiano del protagonista, come fosse Ulisse in continua ricerca, pur non spostandosi se non di quartiere o di pochi isolati. Un inseguimento durante il quale non si permette altro che una vita monastica e solitaria, una casa spoglia così come una routine in cui ogni incontro e appuntamento è orientato all’unico scopo per cui si sveglia la mattina: ritrovare Lily. Ma è nel modo in cui poter superare lo squilibrio nel rapporto fra i due, una volta che quello che sembra impossibile diventa realtà, che il film sale di giri e si addentra nella invisibile potenza di un rapporto così esplosivo, anche se mai alimentato da anni di quotidianità.

Ritrovarsi a Tokyo commuove per la forza di un sentimento inespresso ma portato con sé per tanti anni, per la capacità di raccontare una maniera personale ma allo stesso tempo universale di esprimere le proprie emozioni, contro un ambiente ostile che fa sentire Jay costantemente in trincea a combattere una guerra ingiusta, imposta dalla donna che ha amato anche all’inconsapevole figlia. Senza pretese eroiche, se non l’inesauribile forze e pazienza di un genitore che per anni subisce la modifica genetica di respirare con un solo obiettivo, di poter essere pienamente padre e amare sua figlia.

 

 

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