Vainilla

Mayra Hermosillo

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In una grande casa vivono sette donne di tre generazioni diverse, unite da una battaglia comune, salvare la loro abitazione dal rischio del pignoramento, schiacciate da un debito che incombe come una minaccia silenziosa. La famiglia è composta madri, figlie, sorelle e zie e a osservare tutto con occhi grandi e curiosi è Roberta, una bambina di otto anni che si muove tra queste figure femminili forti e fragili. Nel caos emotivo e domestico che la circonda, la bambina intraprende un viaggio intimo alla scoperta della propria identità. Attraverso il suo sguardo, l’infanzia si intreccia con la lotta quotidiana delle donne adulte, in un racconto che mescola tenerezza e dolore, leggerezza e resistenza. La crisi economica e familiare diventa l’occasione per lei di cambiare il modo in cui vede se stessa e coloro che la circondano. Non più solo madri e zie, ma donne complesse, piene di desideri, contraddizioni e sogni. Una storia corale dove l’amore, la perdita e la speranza si fondono nel ritratto vivido di una famiglia che affronta il cambiamento con eroismo e con la forza invisibile che si trasmette da una generazione all’altra.
DATI TECNICI
Regia
Mayra Hermosillo
Interpreti
Aurora Dávila, María Castellá, Natalia Plascencia, Paloma Petra, Rosy Rojas, Fernanda Baca, Lola Ochoa
Durata
96 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Mayra Hermosillo
Fotografia
Jessica Villamil
Montaggio
Sonia Sánchez Carrasco
Nazionalità
Messico
Anno
2025

Presentazione e critica

Messico, fine anni Ottanta. La piccola Roberta vive in una famiglia composta da sette donne (figlie, madri, sorelle, zie) appartenenti a generazioni diverse. Vivono tutte nella stessa casa ma, quando ricevono l’avviso di sfratto a causa dei debiti, devono trovare un modo per salvare la dimora. La bambina le osserva e vorrebbe dare una mano, tra timori, desideri e prime scoperte, mentre cambia il modo in cui in cui vede sé stessa e le persone che la circondano.

Nella complicità femminile e nel profumo dolce e rassicurante della vaniglia, la bambina protagonista trova un rifugio contro l’irruzione amara della realtà. Per il suo debutto alla regia, presentato alle Giornate degli Autori dell’edizione 2025 della Mostra del Cinema di Venezia, l’attrice messicana Mayra Hermosillo (classe 1989) sceglie una storia dall’impronta fortemente autobiografica, essendo cresciuta anche lei in una famiglia “non tradizionale” tutta al femminile. La protagonista del film Roberta ha otto anni, ama mangiare il gelato alla vaniglia soprattutto in occasione di momenti speciali, e il ricordo più bello che ha del padre è quando lo ha visto per caso al supermercato, felice assieme alla sua nuova famiglia. L’assenza di una figura paterna è dolorosa, e i momenti di crisi non mancano, specialmente quando la minaccia di perdere un tetto sopra la testa si fa concreta. Eppure, Roberta trova in quella solidarietà e complicità tra donne un appiglio a cui aggrapparsi nel mare burrascoso della sua infanzia. Osserva il mondo dall’interno di quella dimensione domestica, raccogliendo frammenti di vita, tante piccole istantanee catturate dalla macchina di presa che assume il punto di vista della bambina. Allo stesso tempo, Roberta compone nella sua immaginazione un mondo dove la femminilità diventa gioco, trucco, danza improvvisata davanti a uno specchio. Lo spazio domestico, fatto di panni stesi, stoviglie accatastate, letti disfatti, musica proveniente dalla radio, luci brillanti e zone d’ombra, diventa così una sorta di palcoscenico del possibile. Anche se la realtà, col suo sapore amaro, tornerà comunque presto a bussare alla porta.

La regia di Hermosillo privilegia i silenzi, i gesti piccoli, un approccio composto e discreto, si prende i suoi tempi e talvolta il ritmo ne risente. Ma il film possiede anche una sincerità chiara, un calore autentico, e la dolcezza del racconto familiare, lasciando una traccia senza alzare la voce e grazie alla semplicità dello sguardo.

 

Mymovies

Un cortile assolato, i colori accesi di vestiti e stoviglie, l’eco lontana della televisione che scandisce le giornate. È in questo spazio domestico, tanto semplice quanto carico di tensione, che si muove Roberta, otto anni, spettatrice e protagonista involontaria di un piccolo dramma familiare. Sette donne – madri, sorelle, zie – unite dall’urgenza di salvare la casa dai debiti. Vainilla, opera prima di Mayra Hermosillo in concorso alle Giornate degli Autori, attrice già nota per Narcos: Messico, affonda le radici nella memoria privata e restituisce con sensibilità un ritratto corale al femminile. Girato nella città natale della regista, Torreón, il film non si limita alla ricostruzione filologica del Messico degli anni Ottanta. Hermosillo preferisce evocare l’epoca con pochi ma decisivi dettagli: un televisore a tubo catodico, abiti dalle tinte sgargianti, piccoli oggetti che riportano indietro nel tempo senza mai cadere nella nostalgia decorativa. Tutto passa attraverso lo sguardo di Roberta, che fotografa, osserva, registra visivamente la vita attorno a sé. Lo sguardo della bambina è il filtro e insieme l’alibi della regista: un ritorno a casa in forma di memoria cinematografica. C’è una malinconia sottile che attraversa il film, un senso di precarietà che non riguarda soltanto la perdita della casa, ma la fragilità stessa dell’infanzia. Roberta cresce troppo in fretta, come accade spesso nei racconti di formazione, ma Vainilla non è esattamente un coming of age. È piuttosto un omaggio intimo all’infanzia e alla forza delle donne che l’hanno plasmata: figure tenaci, controcorrente rispetto al contesto conservatore di quegli anni, capaci di trasformare la resistenza quotidiana in un atto di dignità. La regia predilige movimenti minimi, essenziali, con un’attenzione più marcata alla recitazione che alla costruzione scenica. Da questo deriva una certa staticità, percepibile soprattutto nei momenti di maggiore conflitto, che restano compressi dentro un impianto più teatrale che cinematografico. Ma è proprio in questa misura contenuta che si intuisce la direzione di Hermosillo: la cura per gli attori, la capacità di ascoltare i gesti, i silenzi, i non detti. È un esordio che sceglie la discrezione al clamore, la delicatezza all’enfasi.

Vainilla si presenta così come un memoir visivo, un atto di riconoscenza verso una famiglia atipica che ha resistito alle convenzioni, e al tempo stesso una riflessione sull’appartenenza e sul giudizio che la società attribuisce a chi vive fuori dai canoni. Non tutto è perfetto, ma c’è una sincerità che affiora scena dopo scena, una cura affettiva che rende il film più vivo delle sue inevitabili fragilità formali.

Con questo primo lungometraggio, Mayra Hermosillo firma un esordio che mostra già mestiere, e soprattutto una voce personale pronta a maturare. Tra omaggio e confessione, Vainilla è un ritorno a casa che non chiude le porte, ma le spalanca verso le storie ancora da raccontare.

 

Cinematografo

«Ho avuto il privilegio di imparare da registi che con il loro lavoro mi hanno incoraggiata a trovare la mia voce di scrittrice e regista. Questo percorso mi ha condotto a Vainilla, una storia che affonda le radici nella mia infanzia nel Messico settentrionale. Sono cresciuta in una casa non tradizionale. A me appariva normale, non la pensava così la comunità conservatrice circostante. Il film segue Roberta, una bambina plasmata da questo ambiente, che crede di poter risolvere la situazione della sua famiglia. Questa è una storia sul crescere troppo in fretta, sull’intreccio di vergogna e amore, su un’identità che si forma fuori dalle più comuni convenzioni. Anziché criticare la tradizione, Vainilla si interroga sul significato dell’appartenenza e sui giudizi che attribuiamo a vite diverse dalla nostra. Girare questo film nella città natale è il mio modo di onorare il posto da cui provengo aprendo, al tempo stesso, la porta ad altre storie che esplorano la famiglia, il genere e la resistenza, in luoghi spesso trascurati dal cinema».

Mayra Hermosillo

 

 

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