Marianne & Leonard Parole d’amore

Nick Broomfield

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Marianne & Leonard Parole d'amore , film diretto da Nick Broomfield, è un documentario che approfondisce il forte legame tra l'artista Leonard Cohen e la sua musa, la bionda norvegese Marianne Ihlen. Un rapporto nato e approfondito nel corso degli anni '60 sull'isola di Hydra, divenuta un punto d'incontro per diversi artisti e spiriti bohémien.
DATI TECNICI
Regia
Nick Broomfield
Interpreti
Leonard Cohen, Nick Broomfield
Durata
102 min
Genere
Documentario
Fotografia
Barney Broomfield
Montaggio
Marc Hoeferlin
Musiche
Nick Laird-Clowes
Distribuzione
Nexo Digital
Nazionalità
USA
Anno
2022
Classificazione
Tutti

Presentazione e critica

“Mia cara Marianne, sono poco distante da te, abbastanza vicino da prenderti la mano”. Sono queste parole struggenti– scritte da Leonard Cohen a Marianne Ihlen – ad aprire il documentario di Nick Broomfield, dedicato alla storia d’amore tra i due. “Marianne aveva il potere di ispirare le persone, tanto da incoraggiarmi a realizzare il mio primo film” spiega Broomfield, che aveva incontrato la donna sull’isola di Hydra nel 1968. Hydra era in quegli anni una sorta di paradiso bohèmien, in cui era possibile vivere senza troppe pretese: uno scenario ideale per Cohen, allora scrittore e poeta di modesto successo. Ed è proprio in questo ambiente perennemente illuminato dal sole che Leonard conobbe Marianne.

Cohen non era però un personaggio facile: “Vorrei poter dire che preferirei trascorrere una notte con Leonard, piuttosto che una vita intera con un altro, ma non è così semplice” afferma l’amica Jennifer Warnes. Musicisti, poeti e scrittori non sono inclini alla vita di coppia; guidati dall’ispirazione, non riescono a concedersi totalmente a qualcuno e la propria arte è tutto quello in cui credono. Marianne ne diventa presto consapevole: il Leonard che aveva incontrato a Hydra – l’autore del difficile romanzo Beautiful Losers – lascia presto spazio al musicista. Quando Cohen arriva a New York, in quel periodo fulcro del revival folk nei cafè del Greenwich Village, è subito notato da Judy Collins, tra le figure più importanti di quella scena. La Collins registra una sua versione di Suzanne, ma vorrebbe che Cohen, in quanto autore, interpretasse il brano dal vivo. Leonard teme però il palcoscenico, tanto da piangere quando vi si trova per la prima volta con la sua chitarra. È solo grazie alla Collins che riesce a portare a termine l’esibizione.

Le donne sono state fondamentali nella vita di Cohen: è la madre Masha ad averlo fatto appassionare alla musica ed è grazie a Marianne che ha scritto alcune delle sue canzoni più belle. “Ho sempre avuto bisogno delle donne e sono stato fortunato perché negli anni ’60 c’era una grande cooperazione tra i due sessi”, spiega la voce fuori campo del musicista. E un’altra donna, Janis Joplin, rivive nelle parole della splendida Chelsea Hotel No. 2, composta dopo la morte della cantante. Il brano racconta le giornate dei “workers in songs” al Chelsea Hotel, quella vita a cui Marianne non si sente di appartenere: “mi hai rovinato” aveva infatti detto a Judy Collins, “colpevole” dell’allontanamento di Leonard.

Mentre la carriera da cantautore di Cohen inizia a produrre i primi successi, il rapporto con Marianne si affievolisce. Eppure, lui la cerca e non la dimentica mai; durante la celebre esibizione del 1970 all’Isle of Wight Festival, introduce So Long, Marianne dicendo: “spero che Marianne sia qui”. Molte decadi dopo, quando Cohen si vede costretto a tornare in tour perché vicino alla bancarotta, Marianne, visibilmente commossa, è tra il pubblico di un concerto ad Oslo. È una delle immagini più toccanti della pellicola, capace di dimostrare il profondo amore tra i due.

Il film di Broomfield è anche testimonianza di tempi che sembrano irrimediabilmente perduti: il Chelsea Hotel, dove Cohen aveva vissuto insieme a tanti altri scrittori e musicisti, è chiuso da anni, e Hydra si è ormai trasformata in località per famiglie borghesi. L’unico superstite del periodo in cui l’isola era una colonia per artisti squattrinati, è lo scrittore Don Lowe. Marianne e Leonard ricercavano quella libertà invocata negli anni giovanili che, con il passare del tempo, diventa sempre più sfuggente. Anche se Cohen diverrà uno dei più grandi cantautori di sempre, mentre Marianne tornerà in Norvegia per condurre una vita semplice, resteranno sempre legati. Per loro, non c’era modo di dirsi addio.

Lindipendente

In origine erano venerate come ninfee delle sorgenti. Nella mitologia greca erano le figlie di Zeus e della divinità del canto e della danza. Erano le muse, le dee che ispiravano e proteggevano le attività artistiche, in particolare la poesia e la musica. E dopo aver visto Marianne & Leonard non avrete più dubbi sulla loro esistenza.

Grazie a immagini di repertorio, filmati d’archivio e testimonianze di amici e collaboratori, possiamo ripercorrere dai primi magici momenti, alla convivenza altalenante, sino alla fine di quell’amore che li ha fatti nutrire l’uno dell’altro per una vita intera.

Marianne conobbe Leonard sull’isola greca di Hydra, un paradiso difronte alle coste del Peloponneso che a cavallo tra gli anni ’50 e ‘60 divenne rifugio di artisti, poeti e musicisti. Qui l’allora scrittore (!) ventiseienne Cohen aveva acquistato una casa per trovare la concentrazione necessaria ad abbozzare il suo nuovo libro. Il giorno in cui il suo sguardo incrociò quello di lei fu subito passione. Era il 1960. Marianne e Leonard erano entrambi alla ricerca di qualcosa che appagasse la loro inquietudine. Marianne divenne la fonte d’ispirazione di Leonard fino a quando lui s’affermò nella musica e riuscì a vivere a pieno la propria arte raggiungendo la fama planetaria. Senza la sua musa però, non ce l’avrebbe mai fatta. Non a caso, in molte sue canzoni lei compare -e di ogni suo concerto lei aveva un biglietto.

Quando vai a vedere un film su Leonard Cohen, ti aspetti tanta musica, una prospettiva privilegiata (probabilmente da dietro le quinte) delle sue performance dal vivo, magari qualche ricordo audace legato ai mitici anni Sessanta, ma non sei pronto a venir travolto dall’energia che solo una intensa storia d’amore sa emanare. Invece, è proprio quello che ti trovi a dover affrontare durante la visione di questo documentario. È difficile impedire alle emozioni di prendere il sopravvento e non condividere la gioia, il dolore e il senso d’inadeguatezza che ha provato Marianne. Ed è impossibile non rimanere affascinati dalla sua figura di inequivocabile musa.

Masedomani

Nick Broomfield ama i documentari su personalità in conflitto. Basta guardare Biggie and Tupac, Kurt and Courtney, o il suo recente lavoro Whitney: Can I Be Me, in cui Whitney Houston combatte principalmente contro se stessa. Ognuno di questi si affida a un nuovo sensazionale angolo che il documentarista tenta di rivelare, con esiti vari. Fa quindi piacere che il regista britannico abbia adottato un approccio più morbido e distaccato in Marianne & Leonard Parole d’amore, che descrive la relazione e l’amore tra il cantautore Leonard Cohen e la sua musa norvegese Marianne Ihlen, in proiezione allo Sheffield Documentary Film Festival. Sembra che quando Broomfield conosce personalmente i protagonisti, lui stesso adotti un approccio più gentile e comprensivo, anche minimizzando la propria posizione nella storia, poiché fin da subito ammette, in questo affascinante documentario, di essere stato un ex amante di Ihlen e di essere diventato suo amico per la vita. In effetti, fu Ihlen a convincere Broomfield a realizzare il suo primo film, Who Cares? un film di 18 minuti sullo sgombero dei bassifondi di Liverpool nel 1971.

Mescolando filmati d’archivio con teste parlanti e facendo uso di varie interviste rilasciate da Cohen e Ihlen nel corso della loro vita prima della loro morte a distanza di tre mesi l’uno dall’altra nel 2016, Broomfield utilizza la relazione della coppia per raccontare la storia di artisti e le loro muse, la comunità artistica sull’isola di Hydra negli anni ’60 e un mondo di amore libero, droga e musica. Il tono del film è intenso e sincero come una delle ballate di Cohen, e le parole del suo classico brano “So Long, Marianne” percorrono tutto il film, poiché Broomfield utilizza diverse esecuzioni di Cohen di questa canzone per mostrare come fosse impossibile per lui sfuggire alla sua musa, anche dopo che lei era tornata in Norvegia e la loro relazione romantica era finita.

(…). Il film trae vantaggio dal fatto che Broomfield non adotta la sua solita tattica di psicoanalizzare i suoi protagonisti, lasciando al pubblico decidere cosa abbia spinto Cohen a scappare e Ihlen a restare. Attraverso diverse interviste illuminanti, Broomfield traccia anche un quadro del tempo, l’amore libero degli anni ’60, l’indulgenza del talento artistico e la sofferenza dei bambini.

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