Whitney-Una Voce Diventata Leggenda

Kasi Lemmons

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Whitney: Una Voce Diventata Leggenda, film diretto da Kasi Lemmons, racconta la vita e la carriera di Whitney Houston, interpretata da Naomi Ackie, la cantante americana scomparsa nel 2012 e icona pop dell'R&B, che con la sua musica e la sua straordinaria voce ha segnato diverse generazioni.
DATI TECNICI
Regia
Kasi Lemmons
Interpreti
Naomi Ackie, Stanley Tucci, Tamara Tunie, Clarke Peters, Ashton Sanders, Nafessa Williams, Tanner Beard, Lance A. Williams, Daniel Washington, Bria Danielle Singleton, Kris Sidberry
Durata
146 min
Genere
Biografico
Musicale
Sceneggiatura
Anthony McCarten
Fotografia
Barry Ackroyd
Montaggio
Daysha Broadway
Distribuzione
Sony Pictures, Warner Bros Italia
Nazionalità
USA
Anno
2022
Classificazione
Tutti

Presentazione e critica

“Io la faccio lenta”. Una frase apparentemente capricciosa – riferita al ritmo con cui cantare una canzone – che nasconde l’onnipotenza tecnica degli anni di maggior gloria di una delle interpreti della canzone americana più sbalorditive di sempre, raccontata nel biopic Whitney. Il sottotitolo, Una voce diventata leggenda , oltre a sintetizzare bene la retorica dell’operazione, serve a distinguere questo Whitney da altri ritratti prodotti negli ultimi anni, almeno uno dei quali, il documentario diretto da Kevin Macdonald.

Sono quasi tutti intitolati semplicemente Whitney, come a rendere chiara subito la volontà di raccontare la persona al di là dell’artista. Volontà quindi anche di questo film di Kasi Lemmons, che ha potuto utilizzare con grande abbondanza canzoni ed esibizioni della Houston in questo biopic che, più che illuminare la profondità di Whitney, con le sue fragilità e debolezze utilizzate con la meccanicità senz’anima di ostacoli per l’eroina da manuale di sceneggiatura, ripropone la grandezza della signora Houston, la meraviglia della sua voce. Non a caso si conclude con l’apice riconosciuto da molti della sua carriera, l’esibizione agli American Music Awards del 1994 in un medley proibitivo per qualsiasi altra ugola.Whitney Houston è stata una delle cantanti pop più grandi di ogni epoca. Su questo non c’è dubbio. Una serie di record l’hanno resa una stella assoluta molto rapidamente, probabilmente la prima artista nera adorata anche da tutti gli americani senza distinzioni. Tanto che all’inizio dovette lottare contro la definizione di “oreo”, nera fuori ma bianca dentro, mossale da alcuni. “La tua musica non è abbastanza nera”, le veniva detto, oppure “ti sei svenduta”. L’ovvia risposta è sempre stata che la musica non ha colori e neanche limiti. (…)

Cominsoong

Whitney: Una voce diventata leggenda è l’ultimo lungometraggio dedicato alla cantante statunitense. Dopo la sua morte, avvenuta a febbraio del 2012, son stati più d’uno i documentari dedicati all’artista che ha raggiunto i maggiori record della storia della musica. Tra questi, a spiccare, c’era stato Whitney Houston – Stella senza cielo diretto da Kevin Macdonald, presentato in anteprima a Cannes nel 2018, che aveva approfondito molti degli eventi della sua infanzia e non solo.

Ad interpretare la meravigliosa Houston, è la trentenne inglese Naomi Ackie, vista tre anni fa sul grande schermo per Star Wars: L’ascesa di Skywalker, che compie il percorso cronologico della vita della cantante vestendone tutti i panni possibili, pur discostandosi dalla raffinatezza dei suoi lineamenti, ma rendendo bene ogni sua fase, in particolar modo quella discendente. Anche Stanley Tucci, nel ruolo del suo fedele e saggio produttore discografico Clive Davis, regala un personaggio fermo ma dolce, presente e sano, considerando il resto dell’entourage. È infatti prevalentemente su questo aspetto che si sofferma la pellicola di Kasi Lemmons: le relazioni che Whitney Houston aveva con le figure di riferimento della sua vita, partendo dal padre, che le ha sempre fatto da manager ma approfittando largamente dei suoi profitti, passando per l’agghiacciante figura dell’ex marito Bobby Brown e per quella della sua intima amica Robyn Crawford. (…)

(…) Ci sono tanti accenni a molte cose tra cui, naturalmente, il rapporto con la figlia Bobbi Kristina avuta dal matrimonio con Brown, ma si tratta sempre di aspetti sfiorati dove sembra che a far fede non sia ciò che viene mostrato nel film, quanto il contrario: quello che vediamo in Whitney: Una voce diventata leggenda è un veloce sunto di tanti videoclip e rotocalchi scandalistici, nulla di più.

È evidente l’ammirazione della regista per quello di cui sta parlando, oltre al fatto che l’effetto finale è comunque coinvolgente, al netto del livello letteralmente eccezionale della star in questione. Ed è altrettanto chiara la denuncia rispetto alla poca libertà gestionale e organizzativa che a Whitney veniva imposta nei riguardi della propria carriera, cosa purtroppo molto diffusa. Emerge, quindi, piuttosto facilmente la fragilità dell’artista, così come quella del mondo che le è ruotato attorno e che, ovviamente, ne ha principalmente sfruttato le luci, ma restando totalmente incapace di curarne le ombre. Whitney: Una voce diventata leggenda è dunque piacevole nella misura dello splendore della cantante di cui mostra la (breve) vita. Ma aggiunge molto poco, vivendo della rendita della sua voce e delle sue canzoni. A tal proposito un’ulteriore nota di merito va alla protagonista per i momenti in cui non canta in playback. Ma, a parte ciò, non resta che molta ammirazione e dispiacere per un talento strappato così presto alla vita, senza sentirci né più vicini né più lontani alla sua storia.

Cinefilos

Dopo Bohemian Rhapsody e il recente Elvis, la musica torna a vibrare ed emozionare sul grande schermo con il film Whitney: Una voce diventata leggenda, scritto da Anthony McCarten e diretto da Kasi Lemmons. Naomi Ackie veste i panni della celebre artista Whitney Houston in questo biopic appassionato che riesce a cogliere l’essenza della sua musica e del suo sentimento misto di insicurezza e libertà che l’ha guidata nel corso della sua carriera. La sua storia è ricca di materiale narrativo, ma ovviamente alcune cose sono state tralasciate per motivi di tempo. Il film risulta, tuttavia, un ritratto autentico della gloria di Whitney alternata a una perenne lotta con i suoi demoni, dalle origini con il coro gospel al successo sui palchi di tutto il mondo. Parallelamente si racconta l’uso di droga che la cantante prova per caso con i suoi fratelli nella comunità borghese di East Orange, nel New Jersey, fino a sviluppare una dipendenza letale.

Il film vibra delle numerose performance di Whitney, dall’intensa The Greatest Love of All che lancia la sua carriera e fa venire i brividi a I Wanna Dance With Somebody che la consacra come la più grande cantante pop femminile dopo il triumvirato di Aretha Franklin, Barbra Streisand e Judy Garland. Quello che si sente nella voce di Houston è indescrivibilmente contagioso, e l’attrice Naomi Ackie fa un ottimo lavoro con la sincronizzazione labiale, oltre che con l’espressività che custodisce quello scintillio malizioso che era proprio dell’artista newyorchese. Rende perfettamente l’idea di una ragazza del New Jersey che ha vissuto un successo globale, pur non essendosi sentita mai del tutto a suo agio con quel mondo. Il film si concentra sulla sua carriera dagli anni ’80 agli anni ’90 fino alla sua morte, tra i genitori che vogliono controllarla e cambiarla e il manager che prova a restare fuori dalla sua vita privata.

Lemmons cerca di catturare la personalità conflittuale di Whiney Houston nelle relazioni con l’altro sesso – come il turbolento matrimonio con Bobby Brown – e con se stessa. Un disagio che emerge più volte lasciando segni profondi. La sua parte più selvaggia e grintosa si scontra con l’apparenza di principessa della porta accanto che i media avevano diffuso. Quando si parla di musica però Whitney non ha dubbi e sceglie meticolosamente le sue canzoni con gusto e consapevolezza artistica. Essendo cresciuta in un mondo eclettico, va oltre il tradizionale R&B e le sue canzoni riflettono il suo spirito, non solo pop. Lemmons porta sullo schermo l’ascesa e la caduta di una leggenda della musica internazionale, trascinata da forze fuori e dentro di lei in un circolo di autodistruzione che non le lascia scampo. Whitney: Una voce diventa leggenda è un film onesto, nel bene e nel male, anche per la regia che sceglie di raccontare una intimità senza fronzoli e perbenismo.

Elle