Bob Marley: One Love

Reinaldo Marcus Green

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La vita e la musica di un’icona che ancora oggi ispira intere generazioni attraverso il suo messaggio di amore e unità. Per la prima volta sul grande schermo, scoprirete la straordinaria e potente storia di Bob Marley, un artista che ha superato avversità incredibili per creare una musica rivoluzionaria.
DATI TECNICI
Regia
Reinaldo Marcus Green
Interpreti
Kingsley Ben-Adir, James Norton, Lashana Lynch, Michael Gandolfini, Anthony Welsh, Umi Myers, Nadine Marshall, Tosin Cole, Sundra Oakley, Hector Donald Lewis, Aston Barrett Jr., Nestor Aaron Absera, Cornelius Grant, Sheldon Shepherd, Naomi Cowan, Anna-Share Blake
Durata
107 min.
Genere
Biografico
Drammatico
Musicale
Sceneggiatura
Zach Baylin, Frank E. Flowers, Terence Winter
Fotografia
Robert Elswit
Montaggio
Pamela Martin
Musiche
Franco Piersanti
Distribuzione
Eagle Pictures
Nazionalità
Usa
Anno
2024
Classificazione
6+

Presentazione e critica

“Emancipatevi dalla schiavitù mentale, solo noi stessi possiamo liberare la nostra mente. Non aver paura dell’energia atomica, perché nessuno di loro può fermare il tempo. Per quanto ancora dovranno uccidere i nostri profeti, mentre stiamo da parte e guardiamo? Un giorno saremo parte di questo. Dobbiamo adempiere il libro”. Sono le parole di Redemption Song, forse la più bella canzone dell’autore giamaicano, che sentiamo arrivare in un momento chiave di Bob Marley – One Love, biopic dedicato ai tre anni fondamentali dell’artista. Nella canzone, e in molte altre, traspare la filosofia di Bob Marley, che è quella relativa alla pace e l’unità, ma non solo. Allora, Bob Marley – One Love di Reinaldo Marcus Green ci fa arrivare il messaggio del re del reggae, uno dei più grandi cantautori e attivisti mai esistiti. Il film ha il pregio di essere conciso e serrato, di far arrivare la sua musica e le sue idee, pur tra qualche semplificazione di troppo. L’attore protagonista, Kingsley Ben-Adir, forse non è troppo somigliante, ma è eccezionale nella voce, e molto bravo nei movimenti.
È il 1976: la Giamaica è sull’orlo di una guerra civile e la violenza divampa sull’isola. Bob Marley, in quel momento, è un artista giamaicano noto in tutto il mondo. Decide così di porre fine alla violenza e di fare un grande concerto di pace a Kingston, Smile Jamaica. Qualche giorno prima del concerto, però, un uomo entra in casa sua e gli spara, ferendolo lievemente, e colpendo più gravemente la moglie Rita. In molti, a quel punto, hanno dei dubbi sul fatto di far esibire Marley in quel concerto, ma lui decide di esserci. Nei giorni seguenti decide di lasciare la Giamaica, diventata invivibile per lui e per la famiglia. Arriva a Londra, dove sceglie di cambiare in parte il suo suono, per arrivare a tutti. Nasce Exodus, e arrivano il successo e il tour mondiale.
Come avrete capito, Bob Marley – One Love è diverso dagli altri biopic su band o rockstar, perché sceglie di non seguire il protagonista lungo tutta la sua carriera, ma in un preciso momento della sua vita, cioè gli anni dal 1976 al 1978, un momento chiave della sua vita e della sua carriera. Questo permette di non farne un racconto troppo lungo, e necessariamente semplificato. La sua vita, in qualche modo, c’è tutta: la sua infanzia, l’abbandono del padre, l’amore con la moglie e il suo esordio da musicista. Momenti si traducono in brevi flashback che raccontano tutto senza appesantire il racconto principale. Un racconto che non è un’agiografia, perché non fa di Marley un santo, ma ne mostra anche i lati oscuri. I momenti di perdita del controllo, la sfuriata contro il manager, o i litigi con Rita, frutto anche di alcuni tradimenti. Insomma, tra i colori del film, che sono il verde, il giallo e il rosso della Giamaica, c’è allora anche un po’ di nero.
E c’è anche tanta attualità in una storia accaduta più di quaranta anni fa. E non è solo il messaggio di Bob Marley, che è immortale. Si tratta anche di tutte quelle riflessioni che un artista deve fare ogni volta che in qualche modo decide di prendere posizione. Per esempio, il concerto per la pace del 1976 ci fa venire in mente tanti discorsi che stiamo facendo oggi, mentre stiamo vivendo in un mondo dove ci sono delle feroci guerre in atto. Che cosa deve fare un artista? Mettere a rischio la propria vita e quella del pubblico o andare avanti? Parlare, e rischiare di essere strumentalizzato da una delle parti, o non farlo, e così perdere la sua aura di punto di riferimento quando si parla di valori che ha portato avanti per tutta la sua vita e la sua carriera? Domande difficili a cui rispondere. Ma guardando Bob Marley – One Love non potrà non venirvi in mente Gaza, l’Ucraina e le molteplici situazioni odierne.
Tuttavia, Bob Marley quel concerto del 1976, e anche quello del 1978, che lo avrebbe riportato a casa, doveva tenerlo. Lo sentiva. “Il reggae è la musica della gente, è fatta per unire le persone” dice a un certo punto del film. Bob Marley credeva nella musica, nel suo messaggio. Che è arrivato a noi, anche se leggermente banalizzato: Marley è simbolo di pace, unità, non violenza. Eppure il film ci ricorda che la sua filosofia, anzi la sua religione, il Rastafarianesimo, è molto più complessa. Il mito di Marley che oggi è giunto a noi è per forza di cose semplificato. E risentirlo, in questo film, fa venire nostalgia per un tempo in cui la musica non era soltanto musica, ma un tutt’uno con valori, idee, messaggi. Un tempo che va dalla fine degli anni Sessanta, con i festival Monterey Pop e Woodstock e arriva forse fino alla fine degli anni Novanta, con il concerto degli U2 a Sarajevo. E oggi? Oggi sembra che la musica sia solo intrattenimento. Che Marley fosse un grande autore, lo capiamo quando ascoltiamo Redemption Song, che intona, voce e chitarra, davanti a un falò. Prima di far esplodere la musica reggae in tutto il mondo, Bob Marley era un ottimo autore di canzoni, capace di scrivere melodie immortali, immediate eppure mai banali, come sapevano fare i Beatles. È per questo che Bob Marley – One Love è un biopic che si segue con piacere e da cui si esce più felici, quasi confortati. Riguardo alla musica di Marley, l’opera racconta la sua voglia, una volta a Londra, di trovare un nuovo suono e di arrivare al pubblico. E di trovare la libertà sul palco, grazie a quei concerti che non avevano scalette prestabilite, come nel jazz. (…)
(…) In ogni film di questo tipo, inoltre, è fondamentale il protagonista, e i film di cui sopra vivevano infatti di prestazioni attoriali impressionanti. Kingsley Ben-Adir (visto in Barbie e nella serie Secret Invasion), che impersona The Legend, funziona a corrente alternata. Forse, è troppo bello, aitante e con i lineamenti troppo raffinati per evocare la bellezza più selvaggia di Marley, che era un uomo minuto. Eppure, l’attore entra benissimo nel personaggio, si muove come lui e, soprattutto, fa un grande lavoro sulla voce: sul tono, sull’accento, sulla parlata strascicata. E sul cantato. Accanto a lui, nel ruolo di Rita, c’è Lashana Lynch, inglese di origini giamaicane, una presenza carismatica che tutti abbiamo conosciuto nell’ultimo film di 007, No Time To Die. Quindi? Quindi andate a vedere il film (se potete, in lingua originale): vi farà stare bene. Vi sembrerà che Bob Marley possa parlare anche a noi, al mondo di oggi, quando risponde alla domanda “credi che questo mondo possa farcela?” – “Sì, dobbiamo farcela, non c’è altro modo”.

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