Food for Profit

Pablo D'Ambrosi, Giulia Innocenzi

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Il primo documentario che getta luce sugli intricati legami tra l'industria della carne, le lobby e i vertici del potere politico. Il film denuncia il trasferimento di ingenti capitali pubblici verso gli allevamenti intensivi, che non solo perpetrano gravi abusi sugli animali, ma anche contribuiscono all'inquinamento ambientale e rappresentano un rischio potenziale per futuri focolai pandemici. Attraverso una narrazione cinematografica avvincente e una ricerca investigativa accurata, i registi Giulia e Pablo ci guidano in un viaggio che è sia rivelatore che sconvolgente attraverso il panorama europeo. Affrontando agricoltori, aziende e figure politiche di spicco, il documentario ci mostra la cruda realtà di un sistema che spesso celava dietro di sé un'apparente eccellenza nei prodotti lattiero-caseari e di carne europei. Parallelamente, un infiltrato, fingendosi un lobbista agroalimentare, riesce a penetrare nei circoli di potere del Parlamento europeo, raccogliendo informazioni cruciali attraverso registrazioni segrete e svelando aspetti scioccanti delle dinamiche politiche in gioco.
DATI TECNICI
Regia
Pablo D'Ambrosi, Giulia Innocenzi
Durata
90 min.
Genere
Documentario
Sceneggiatura
Giulia Innocenzi, Pablo D'Ambrosi
Distribuzione
Mescalito Film
Nazionalità
Italia
Anno
2024
Classificazione
6+

Presentazione e critica

Polesine, Italia: un allevamento intensivo di polli, per rispettare le indicazioni del produttore, deve consegnare soltanto degli esemplari perfetti da poter immettere sul mercato, e gli “scarti” vengono eliminati con pratiche violente. Regione di Berlino, Germania: un allevamento intensivo di mucche, visto l’affollamento dei capi e la scarsa pulizia degli ambienti, viene colpito dal proliferare della mastite (un’infezione e infiammazione della ghiandola mammaria), così il personale non medico somministra antibiotici agli animali malati. Murcia, Spagna: un allevamento intensivo di maiali sfrutta le poche risorse idriche del territorio e scarica in vasconi all’aperto i liquami di risulta, causando inquinamento del suolo e contaminazione della falda acquifera. Tutto vero, disturbante e inquietante. Solo che per alcuni politici, organi di controllo e istituzioni gli allevamenti intensivi non esistono…

Forse c’è un unico tema che può unire sensibilità etiche, preoccupazioni sanitarie e criticità ambientali nella riflessione sul sistema socio-economico-valoriale del capitalismo come principale causa del riscaldamento globale – il cibo. Quello che mangiamo, o meglio, ciò che decidiamo di mangiare, ha un impatto razionale, misurabile, diretto con inquinamento, sfruttamento, salute, diseguaglianze. Dobbiamo produrre di più perché dobbiamo mangiare più carne, e per farlo dobbiamo sfruttare più suolo, contaminare più acqua, appestare più aria, somministrare più antibiotici, stipare più animali, violare più diritti. Ma davvero dobbiamo?

 

Food for Profit non solo mette la camera – nascosta e non – al centro di tutto questo, costringendo in qualche modo a guardare (che tu sia spettatore inconsapevole, attivista convinto, politico coinvolto), ma alla fine dei suoi ’90 minuti fa una anche una precisa call for action: “Stop sussidi pubblici agli allevamenti intensivi”. Ecco, se c’è un pregio indiscutibile del documentario diretto da Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi è proprio il suo posizionamento, che si profila inizialmente come lavoro d’inchiesta sulla gestione degli allevamenti intensivi, diventa poi atto d’accusa nei confronti delle istituzioni europee complici in modo diretto e indiretto di questo sistema, e infine mette insieme queste due prospettive per trasmutarsi in un prodotto affilato da brandire per catalizzare la consapevolezza dei cittadini. Senza tirare mai il fiato e mettersi da parte.

 

Innocenzi d’altronde c’è sempre andata dritta nelle cose, vuoi per la sua appartenenza all’albero genealogico-scolastico dell’ariete Michele Santoro su Annozero e Servizio Pubblico, vuoi per la sua vicinanza ideale e lavorativa con il giornalismo impegnato e d’assalto di Report e Le iene, così in questo progetto che spinge ancora più avanti sue precedenti inchieste tv come Che porci! e I monatti (sull’allevamento grattacielo di 26 piani a Ezhou, Cina) ibridandole con l’occhio e l’afflato del documentario cinematografico, si piazza davanti allo schermo facendo funzione di voce narrante, corpo investigativo e coscienza attivista, in una triangolazione che riassume un po’ tutta la sua carriera quanto la stessa intima natura di Food for Profit.

 

Cinque anni di lavoro, inchieste negli allevamenti coordinate dalla LAV – Lega Anti Vivisezione, produzione indipendente appoggiata da nomi quali Davide Parenti, Sebastiano Cossia Castiglioni, VICE Italia e la rete globale di attivisti Avaaz, il documentario si muove tra l’infinitamente basso delle stalle del Vecchio Continente e l’infinitamente alto degli uffici di Bruxelles, il letame degli allevamenti intensivi finanziati con i soldi dei cittadini e l’odore dei conflitti d’interesse dei parlamentari europei. Il bersaglio grosso è la nuova PAC, la Politica Agricola Comune dell’UE, che per il 2023-2027 ha a disposizione ben 387 miliardi, con la sua incapacità di riconoscere la differenza tra allevamenti intensivi ed estensivi e tutto quello che ne comporta.

Polesine, regione di Berlino e Murcia, dicevamo. Ma anche l’ammoniaca prodotta dagli allevamenti di polli che frantuma e disperde la comunità di Zuromin in Polonia, o lo sfruttamento a nero e in condizioni di sicurezza inesistenti dei lavoratori immigrati in Germania e Italia. Sono immagini compromesse quelle di Food for Profit, cariche di una loro connaturata identità emotiva quando mostrano le condizioni e i maltrattamenti a cui sono sottoposti gli animali, e che assumono una dimensione beffarda negli incontri che il lobbista sotto copertura del documentario Lorenzo Mineo ha con i parlamentari Paolo De Castro e Clara Aguilera per sottoporre loro progetti di editing genetico come maiali a sei zampe e mucche con due organi sessuali. E se tutto è in nome del profitto, gli interventi del filosofo Peter Singer, dello scrittore Jonathan Safran Foer e del divulgatore scientifico David Quammen ci riportano al vero sistema di quel profitto, il capitalismo

 

Mymovies

90 minuti che tengono incollati alla sedia con un ritmo incalzante attingendo allo stile ora del film politico, ora di quello d’azione, ma che rendono difficile, anche alle persone meno impressionabili, reggere lo sguardo davanti a certe immagini. Il documentario investigativo è il primo a mostrare in modo indipendente il filo che lega l’industria della carne, le lobby e il potere politico. Al centro ci sono i miliardi di euro di fondi pubblici – 387 per la precisione – che l’Europa destina agli allevamenti intensivi attraverso la Politica agricola comune perpetuando così un sistema insostenibile. Con l’aiuto di una squadra di investigatori che ha lavorato sotto copertura – c’è chi si è fatto assumere come operaio negli allevamenti intensivi e chi si è finto un lobbista nei palazzi della politica europea – Giulia e Pablo raccontano, attraverso un viaggio per l’Europa, i maltrattamenti e la sofferenza inferta agli animali, ma anche lo sfruttamento dei lavoratori, l’inquinamento provocato dalle produzioni con conseguenze sulla salute delle persone e sulla biodiversità, i rischi dell’utilizzo di antibiotici e dello sviluppo degli organismi geneticamente modificati, il potere esercitato dai lobbisti nel Parlamento europeo. Non solo un racconto della realtà: Food for profit vuole essere soprattutto una call to action perché tutto questo venga fermato.

 

(…) In nome della produttività (e del denaro) vale tutto: il finto lobbista del documentario trova approvazione politica perfino quando mostra l’idea di produrre maiali a sei zampe geneticamente modificati così da ricavare più prosciutti da un solo animale. Il problema, dicono i politici, sarebbe limitato al massimo a come renderlo accettabile all’opinione pubblica, ma per questo ci sono le narrazioni costruite a tavolino negli incontri tra scienziati, giornalisti e lobbisti.

Tra le figure politiche avvicinate da Giulia Innocenzi, ci sono l’eurodeputato del Pd Paolo De Castro di cui vengono mostrati i conflitti di interesse, e Pekka Pesonen, soprannominato Mr.ogm e a capo di Copa-Cogeca, il sindacato degli agricoltori europei, ma anche la lobby più potente dell’agroalimentare europeo, che arriva a negare l’esistenza di allevamenti intensivi in Europa. E il fatto che nella legislazione europea manchi una definizione di allevamento intensivo – si sottolinea nell’inchiesta – non aiuta. La comprensione di quanto mostrato è accompagnata dal commento di filosofi, scrittori, ambientalisti, mentre il documentario si conclude con tre richieste esplicite: lo stop ai sussidi pubblici agli allevamenti intensivi, la costituzione di assemblee cittadine che possano decidere come vengono spese le risorse pubbliche e una moratoria per fermare la realizzazione di nuovi allevamenti intensivi.

“Quello che possiamo fare noi da subito è scegliere cosa mangiare optando per la riduzione del consumo di carne e virando verso un’alimentazione vegetale – hanno sottolineato i rappresentanti della Lav, l’associazione ambientalista che ha coordinato le inchieste negli allevamenti – E poi ricordiamoci che l’8 e 9 giugno ci sono le elezioni per votare il nuovo Parlamento europeo”. A questo proposito la Lav suggerisce di visitare il sito voteforanimals.it per conoscere i 10 impegni a favore degli animali e le forze politiche che li sostengono.

 

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