I limoni d’inverno

Caterina Carone

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I Limoni d'Inverno, film diretto da Caterina Carone, racconta la storia di un intellettuale malinconico, Pietro, che sta scrivendo il suo prossimo libro, forse proprio l'ultimo della sua carriera. L'uomo trova nella vicina di casa, Eleonora , con cui condivide l'attività di giardinaggio, un'improvvisa e imprevista armonia.
DATI TECNICI
Regia
Caterina Carone
Interpreti
Christian De Sica, Teresa Saponangelo, Francesco Bruni, Luca Lionello, Max Malatesta, Agnese Nano, Anna Iodice, Sergio Basile, Annalisa D'Ambrosio, Filippo Pierangeli
Durata
110 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Mario Luridiana, Remo Tebaldi, Anna Pavignano, Alessio Galbiati, Caterina Carone
Fotografia
Daniele Ciprì
Montaggio
Enrica Gatto
Distribuzione
Europictures
Nazionalità
Italia, Polonia
Anno
2023

Presentazione e critica

C’è bisogno di gentilezza, e c’è bisogno di ritrovare lo stato delle cose (naturali) per un compromesso emotivo che, a forza di sacrifici, sembra ormai irreparabile. Uno stato da ritrovare nelle piccole cose. Che poi, tanto piccole, non sono. Un terrazzo fiorito, il sole di Roma, oppure un film dolcissimo, sincero e limpido. Come nel caso de I limoni d’inverno di Caterina Carone. Immaginavamo di trovare qualcosa di speciale, anche perché il precedente film della regista, Fräulein – Una fiaba d’inverno, uscito nel lontano 2016, lo ricordiamo come uno dei migliori esordi del cinema italiano più o meno contemporaneo. Immaginavamo e speravamo dunque che i toni della Carone fossero confermati, e in qualche modo rafforzati nella sua opera seconda. Ecco, opposto ma parallelo a Fräulein, I limoni d’inverno è un film decisamente attuale, che solca l’incomunicabilità contemporanea, che spiega, a parole e a silenzi, i baluardi che ereggiamo in funzione di un’auto-difesa che, però, finisce per logorarci. E poi, nelle sue luci contrastanti, I limoni d’inverno, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023, è un film, diremmo, di interpreti.

I limoni d’inverno, con il soggetto firmato da Mario Luridiana e Remo Tebaldi, è una storia di due sconosciuti che, per caso o per destino, si incontrano a metà del cielo. Pietro ed Eleonora (De Sica e Saponangelo), appassionati di giardinaggio, iniziano a scambiarsi consigli botanici da un terrazzo all’altro. Due terrazze grandi, illuminate dal sole caldo di una Roma stranamente silenziosa, quasi ovattata. Entrambi hanno un segreto e, avvicinandosi, proveranno a fidarsi, confidandosi e liberandosi: Eleonora, che ha messo da parte il proprio talento artistico per seguire il marito (Max Malatesta), rinomato fotografo, e poi Pietro, solo in una casa piena di ricordi che, però, stanno scomparendo. In qualche modo, conoscendosi da una terrazza all’altra, ri-scopriranno loro stessi.

Come sottolineato da Caterina Carone, “I limoni d’inverno è un film d’emozioni autentiche”. Le stesse emozioni che la regista dissemina in un’opera che, appunto, pare modellata sugli sguardi complici dei protagonisti. Sguardi, e concetti che tornano ad essere comunicati, spezzando la fermezza di un tema drammaticamente odierno come l’ansia indotta dalla comunicazione. Abbiamo paura di parlare, e dunque, come la vita, come le stagioni che cambiano – e il tempo è un elemento importante nell’economica narrativa -, le emozioni che si susseguono, accavallandosi, non sono mai rigide nella loro esposizione, bensì fluide, in repentino cambiamento, sia nelle sequenze sia nei dialoghi. Per questo, tra la dolcezza e la malinconia, ci sono i sorrisi che si liberano, arrivando quasi alle risate. Il tono cambia, e cambia la luce della fotografia di Daniele Ciprì, aperta e satura, per poi farsi più rigida, quasi fredda.

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Un prisma riflettente, un primo piano capovolto. L’esistenza di ognuno può essere vista attraverso infinite angolazioni. Ci sono quelle più esplicite, altre più nascoste. Alcune possono incrociarsi per purco caso come quella di Pietro ed Eleonora. Lui è un ex-professore di lettere al liceo ora in pensione che sta raccogliendo i materiali per un libro. Lei invece si è appena trasferita con il marito, un fotografo di successo. Iniziano a dialogare dai rispettivi terrazzi dove fanno giardinaggio. Poi si passano degli oggetti. Da quel momento nasce tra loro un rapporto speciale che li fa sentire meno soli.

Continua a esplorare i sentimenti sottotraccia il cinema di Caterina Carone, al secondo lungometraggio dopo Fräulein. Una fiaba d’inverno del 2016 in cui aveva già diretto Christian De Sica, qui in uno dei rari ruoli drammatici in coppia con Teresa Saponangelo. Rispetto la dimensione surreale del primo film, I limoni d’inverno evidenzia la dimensione più intimista sottolineandola però in maniera esasperante: dettagli sugli occhi, refusi nella scrittura, complicità insistite. Spesso intasato dai troppi dialoghi dove lo script è firmato da cinque sceneggiatori, I limoni d’inverno affronta i temi della perdita della memoria e dei dolori passati cercando una complicità a tutti i costi. Il tocco è quello di una ‘leggerezza imposta’ che fa prevalere la sua presenza autoriale tra continui riferimenti (Alice Guy, Tina Modotti, Cuore di tenebra) e la natura dei set felliniani come la location del bar. In più i personaggi secondari fanno fatica a entrare nella storia. Risultano forzati e inautentici i dialoghi tra Pietro e il ragazzo del bar, così come la figura del marito di Eleonora soprattutto quando se la prende con chi non riconosceva il suo talento. Solo l’urlo per strada di Christian De Sica è la sola scossa e ci risveglia dal torpore; è l’unico momento vitale di un cinema che vuole essere delicato e gentile ma non lascia tracce neanche nel finale e dove gli stessi protagonisti sembrano spegnersi progressivamente.

Sentieriselvaggi