Il Colore Viola

Blitz Bazawule

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Celie è cresciuta con un padre padrone che ha iniziato a violentarla quando aveva 14 anni. Per emanciparsi, si è concessa a un marito che l'ha sposata solo per poter avere una schiava che servisse lui e i figli nati dal precedente matrimonio. Per sopravvivere, Celie sceglie l'unica maniera a lei conosciuta: subire e non reagire, confessandosi solo con Dio tramite lettere che non ricevono risposta. La vita di Celie cambia drasticamente con l'arrivo di Shug, la donna di cui suo marito è innamorato.
DATI TECNICI
Regia
Blitz Bazawule
Interpreti
Fantasia Barrino, Halle Bailey, Taraji P. Henson, H.E.R., Danielle Brooks, Colman Domingo, Corey Hawkins, Deon Cole, Aunjanue Ellis, Elizabeth Marvel, Louis Gossett Jr., David Alan Grier, Ciara, Stephen Hill
Durata
141 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Marcus Gardley, Marsha Norman
Fotografia
Dan Laustsen
Montaggio
Jon Poll
Musiche
Kris Bowers
Distribuzione
Warner Bros. Pictures
Nazionalità
Usa
Anno
2023
Classificazione
6+

Presentazione e critica

Torna al cinema Il colore viola, audace rivisitazione in chiave musical del romanzo del 1982 di Alice Walker a sua volta già trasformato da Steven Spielberg in un film con protagonista Whoopi Goldberg. Con Fantasia Barrino, Taraji P. Henson, Danielle Brooks (candidata agli Oscar come miglior attrice non protagonista), Blitz Bazawule ci invita a rivivere la potente storia di amicizia e fratellanza di tre donne che condividono un legame indissolubile. Anni Venti del secolo scorso, nel sud degli Stati Uniti vive Celie, una donna la cui vita è stata terribile sin da adolescente, picchiata e stuprata dal padre, madre di due bambini nati dall’incesto, dati via e mai più rivisti e in seguito data in sposa al violento agricoltore Mister. Ma Celie non ha mai spesso di sperare, non si è mai arresa. L’idea di trasformare in un musical il romanzo di Alice Walker, già portato sullo schermo da Steven Spielberg, è quanto di più̀ lontano si possa pensare, vista la drammaticità̀ dei temi raccontati. Eppure l’operazione ha funzionato, prima a Broadway e adesso anche al cinema, ma con delle avvertenze ben precise da dare allo spettatore. Il colore viola fatto di canzoni e balletti deve essere visto come una grande allegoria onirica della vita di Celie. Tutte le scene più drammatiche si trasformano in numeri musicali per permettere alla protagonista di fuggire in un mondo da sogno che le renda sopportabile il tremendo destino a cui è stata obbligata. In questo senso l’operazione di Blitz Bazawule ha un senso e una compiutezza, ma bisogna entrare nel giusto ordine di idee rapidamente, per evitare di sentire un vago disagio e quasi un senso di colpa nel compiacersi degli ottimi numeri musicali che intervallano le violenze subite da Celie. Non era un compito banale, soprattutto in questo momento storico, e oltre al regista grande merito va ovviamente al cast, a partire dalla magnifica Fantasia Barrino nel ruolo principale, Taraji P. Henson in quello dell’esplosiva Shug, ma anche l’ottimo Colman Domingo nei panni dell’ignobile Mister. Per gli amanti del musical, più̀ avvezzi ai suoi codici narrativi, è un magnifico spettacolo.

 

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Pochi testi hanno catalizzato i discorsi socio-culturali sulle comunità afroamericane come Il colore viola. L’iconico romanzo del 1982, che ha permesso ad Alice Walker di diventare la prima scrittrice afrodiscendente a vincere il Pulitzer per la narrativa, è stato oggetto nel tempo di numerose invettive polemiche, e non solo da parte degli Stati a trazione repubblicana che hanno cercato di estromettere l’opera dai luoghi di conoscenza ed istruzione: in tal senso, sono state alcune comunità black, memori di quella disparità di trattamento che li ha confinati ai margini delle politiche rappresentative, a mettere in questione i registri con cui la scrittrice aveva codificato dei ritratti duri e spietati della violenza esercitata dai maschi afroamericani, di cui le donne erano le vittime e destinatarie uniche. Un fenomeno a cui il film di Bazawule cerca di legare i suoi discorsi, intersecandoli con le sensibilità più tipiche della Hollywood contemporanea. È chiaro che nel momento in cui si traslano le logiche del racconto di Walker in campo cinematografico, non si può che guardare a colui che le ha tradotte per la prima volta sul grande schermo: ovvero Steven Spielberg. Ma da qualunque prospettiva la si osservi, appare evidente come questa nuova versione de Il colore viola si ponga in discontinuità con gli stilemi – e soprattutto con le immagini – del precedente adattamento, per innervarsi di logiche e canoni perlopiù inediti. La storia, in questo senso, non cambia, e le tappe che cadenzano il racconto di quarant’anni della vita di Celie, dalle molestie subite in gioventù dal padre, al matrimonio forzato con il burbero e violento Mister, fino alla separazione dall’amata sorella Nettie (e al successivo ricongiungimento con la stessa nell’epilogo) seguono con linearità l’andamento del film del 1985, senza però reiterarne le logiche di fondo. A mutare sono proprio i registri “musicali” con cui prendono ora vita le traiettorie emotive della protagonista, al punto che le grammatiche del musical si fanno qui veicolo e specchio delle fantasie di emancipazione a cui anela la tragica eroina.

Ciò che rende coeso e vitale questo nuovo adattamento de Il colore viola è la capacità del cineasta di declinare tutti i soprusi, le prevaricazioni e la liberazione finale dai fardelli della mascolinità tossica, nelle estetiche libertarie del musical. Se, ad esempio, il film di Spielberg funzionava nelle singole parti ma non nell’insieme, qui Bazawule trova nell’espressività del canto e nei linguaggi del cinema musicale uno strumento connettivo potente, che non solo rende più quadrata la narrazione rispetto alla precedente versione, ma permette ai personaggi in campo di canalizzare le loro crisi – e di conseguenza, la loro successiva trascendenza – attraverso quello stesso strumento con cui intere comunità afroamericane hanno storicamente espresso le emozioni più recondite del loro animo: il canto gospel. Che si fa qui matrice ed estensione sia delle istanze linguistiche del film, sia del cuore umano (e disumano) dei personaggi codificati nel libro dalla celebre scrittrice.

E si arriva così ai temi indicati in partenza. È proprio qui, infatti, ovverosia nella totale affermazione dell’espressività femminile e nella complicità emotiva che lega tra loro le varie donne del racconto, che Il colore viola fa dialogare il testo di Walker con le politiche di genere (nonché di inclusione/rappresentazione) in seno alla Hollywood odierna. Non è un caso che il dramma passi esclusivamente attraverso i volti di Celie, di Shug Avery e Sofia ovvero di donne lacerate dalle storture della società, da cui cercheranno ripetutamente di astrarsi. Mente del conflitto degli uomini, a tutti gli effetti, non c’è (quasi) traccia. Se nel romanzo, così come nel film di Spielberg, è data risonanza alla traiettoria di implosione/redenzione di un uomo diabolico come Mister, qui il percorso del personaggio rimane completamente schiacciato dall’onnipresenza femminile. Un fattore, questo, che da un lato permette a Il colore viola di rispondere a chiare lettere alle esigenze femministe della Hollywood post-#metoo, e dall’altro però rischia di silenziare il portato (ideologico, semantico, culturale) di cui si fa carico nel racconto la violenza maschile, compromettendo così le fondamenta stesse di quei ritratti antropologici che hanno portato la storia di Celie a radicarsi nell’immaginario collettivo statunitense.

 

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(…) In grande spolvero anche il resto del cast: Taraji P. Henson si diverte nel ruolo della diva Shug Avery (anche perché sfoggia i costumi più belli e appariscenti), Colman Domingo è spregevole nei panni di Mister, mentre Corey Hawkins è Harpo Johnson. C’è anche Halle Bailey, Ariel nel live action Disney di La sirenetta (recensione qui), che conferma di possedere la voce di una creatura celeste. L’attrice ha il ruolo di Nettie, sorella di Celie, che la protagonista cerca disperatamente di ritrovare. Nonostante tutto – compreso l’atto meschino del marito di nasconderle le lettere della sorella per anni -, Celie non perde mai la speranza di poter rivedere Nettie: la colonna sonora de Il colore viola rispecchia questo sentimento di speranza, che è proprio il grande potere della musica. La musica dà speranza agli esseri umani fin dalla notte dei tempi: il film cerca di restituire questo stato d’animo, pur non nascondendo la violenza, la misoginia e il razzismo a cui sono sottoposte le donne raccontate nella storia. Dramma e numeri musicali: un accostamento che potrebbe risultare stonato, se non fosse, lo diciamo ancora una volta, per la bravura di queste attrici. Vale la pena vedere il film soprattutto per loro.

 

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