La Bella Estate

Laura Luchetti

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Torino, 1938. Ginia ha sedici anni: il futuro sembra offrirle infinite possibilità ma sul presente, non solo il suo, incombono le ombre della Seconda guerra mondiale. Ginia, come tutti, vuole innamorarsi, e trova il suo uomo in un giovane pittore. A condurla alla scoperta degli ambienti artistici della Torino bohémien è Amelia, una ragazza sensuale e provocante poco più grande di lei, ma diversa da tutte le persone che abbia conosciuto in vita sua, e pronta a scuotere le sue certezze. Divisa tra il senso del dovere e la scoperta di un desiderio che la confonde, Ginia è travolta da emozioni a cui non osa dare un nome.
DATI TECNICI
Regia
Laura Luchetti
Interpreti
Yile Vianello, Deva Cassel, Nicolas Moupas, Alessandro Piavani, Adrien Dewitte, Cosima Centurioni, Gabriele Graham Gasco, Andrea Bosca, Anna Bellato
Durata
111 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Laura Luchetti
Fotografia
Diego Romero Suarez Llanos
Montaggio
Simona Paggi
Musiche
Francesco Cerasi
Distribuzione
Lucky Red
Nazionalità
Italia
Anno
2023

Presentazione e critica

Torino, 1938. Venuta in città a lavorare assieme al fratello Severino, la giovane Ginia fa la sarta in un atelier di moda. Durante l’estate conosce la misteriosa Amelia, di poco più grande, che fa la modella per vari pittori della città. Attraverso Amelia, Ginia conoscerà tra gli altri i pittori Rodrigues e Guido, innamorandosi di quest’ultimo e chiedendosi come sarebbe se anche lei si lasciasse disegnare.
Romanzo di formazione al femminile ambientato nella Torino dell’immediato pre-guerra, storia d’amore celata e di rapporto fiorente con il proprio corpo e il proprio desiderio, La bella estate inquadra con maturità il racconto della giovinezza inquieta, dandogli anche una veste formale elegante e dal sapore classico. Nel creare la versione in immagini della prosa di Pavese, Luchetti confeziona un film sull’insidioso processo di farsi oggetto dello sguardo altrui, impresa ancora più ardua quando non si conosce (ancora) la propria identità, come nel momento transitorio dello sbarco nell’età adulta.
La giovane Ginia è una ragazza di campagna che degli adulti sa poco, nonostante viva “da grande” assieme al fratello e senza i genitori. L’incontro con la figura di Amelia, nella sua perfezione esoterica che sorge dall’acqua, la sconvolge a tal punto che per avvicinarsi a lei – e a un’idea di se stessa – deve affidarsi a una miriade di tramiti: gli specchi, gli spicchi di vetrata dietro a una tenda, il lavoro in atelier sugli abiti e sulle clienti, lo sguardo maschile del pittore che sembra crudelmente l’unico ad aver diritto sul corpo della donna. Nel frattempo cresce sottopelle l’inquietudine, discreta eppure fervente, con la paura che quell’estate finisca per sempre, seppellita dalla neve e dai discorsi del Duce alla radio.
Con l’aiuto di ottimi costumi e del fascino austero di Torino, Luchetti tratteggia un dramma d’epoca di spessore e dei personaggi pieni di dignità umana anche quando si ritrovano alla deriva.
Per il suo film più ambizioso ritaglia un ruolo intrigante alla giovane Deva Cassel, la quale usa il suo divismo “di nascita” per trasformarsi in avatar incrollabile e oggetto di desiderio, e ancor di più per la protagonista sfrutta il mestiere già forgiato di Yile Vianello, (ben) cresciuta nel cinema di Alice Rohrwacher. Cuore del film, la sua Ginia è un crocevia impazzito di maturità e innocenza, paure e slanci temerari, sentimenti e sensi di colpa.

Mymovies.it

La bella estate è un grande racconto di formazione, un’opera letteraria che affronta e approfondisce il momento di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, celebrando il coraggio di essere se stesse. Pavese riesce a farlo, a fine anni Quaranta, con una stupefacente sensibilità declinata al femminile, raccontando il legame di amicizia tra due giovani donne, un’operaia e una modella, che non sembrano avere nulla in comune ma che, in realtà, condividono la stessa inquietudine e indecisione verso ciò che riserverà loro il futuro. Luchetti, a distanza di più di settant’anni, raccoglie le suggestioni così moderne di Pavese e le filtra attraverso la potenza narrativa del primo e primissimo piano. Il cinema di Luchetti, infatti, mostra il meglio di sé quando si concentra sullo sguardo delle sue protagoniste Ginia e Amelia e sviluppa con loro un rapporto viscerale, ancora più forte di quello che aveva con i protagonisti di Fiore gemello. Quando le seguiamo da vicino, quando le troviamo l’una nelle braccia dell’altra, possiamo percepire tutta la tensione vitale e sessuale emanata da Ginia e Amelia, una pulsione pronta a sbocciare e a mostrarsi verso l’altro.
Non a caso, La bella estate, ci parla di pittura, analizzando il concetto di rappresentazione del proprio corpo come rivendicazione della propria esistenza nel mondo, una tematica più che contemporanea.
“Vorrei che ritraessero anche me, per vedere come mi vedono gli occhi degli altri.”
Ginia manifesta questo desiderio quando incontra Amelia, una giovane donna che lavora come modella di posa per i pittori torinesi. Ginia è affascinata da un mondo agli antipodi rispetto al suo. Lei che viene dalla campagna (quella campagna mitizzata da Pavese) con i suoi tempi, i suoi riti, la sua morigerata semplicità, viene trascinata in un ambiente alieno: la città con i suoi ritmi spasmodici e lo stile di vita bohémien condotto da Amelia e i suoi amici. Ginia ne rimane stregata, si innamora di un giovane pittore e col tempo, perde contatto con la sua famiglia, suo fratello Severino e il suo lavoro in un atelier di alta moda. Sullo sfondo rimane la Storia, siamo alle porte della Seconda guerra mondiale, e Mussolini, le leggi razziali e il fascismo sono solo delle voci che rimangono “chiuse fuori dalla finestra”.
Non sembra esserci spazio, o meglio uno spazio emotivo per l’esterno nelle immagini di Luchetti che ritorna sempre dove sa che il suo cinema colpisce nel segno, forse edulcorando troppo le atmosfere del suo film che perde quella spontaneità dello sguardo ravvicinato. Quando “guardiamo da lontano” Ginia e Amelia si sente l’inevitabile scarto rispetto alla potenza di quei primi e primissimi piani citati in precedenza. È un cinema intimo, quello di Luchetti, che ci mostra gli sguardi più proibiti e celati. Allora, non resta che allargare la potenza e la potenzialità di questo sguardo, dal particolare all’universale.

Sentieriselvaggi.it

La Bella Estate come la immagina Laura Luchetti è una faccenda meno febbricitante e malata di quella di Cesare Pavese. La stagione dello scrittore piemontese era un corollario di promesse e bisogni, in parte spezzati e disillusi; per sua natura ambivalente, contraddittoria. Il film segue un’altra strada. Non altera granché in termini di struttura narrativa, la regista, piuttosto sceglie di sacrificare parte dell’ambiguità del romanzo in favore di un percorso più lineare e in sintonia con il tempo presente. La cronaca di due giovani corpi e due giovani anime che si scoprono reciprocamente, scegliendo chi e come amare. Il punto in comune, tra la fonte letteraria e l’adattamento, è il racconto del desiderio, l’attrazione per una vita portata al limite, oltre le norme e le convenzioni.

La malattia è un elemento centrale nel film come lo era nel romanzo, che la ricerca dell’identità ha sempre un prezzo. La malattia, raccontata senza moralismi, è lo scotto che Amelia paga nella sua ricerca costante di pienezza. La Bella Estate è la fotografia di corpi giovani che cambiano per adattarsi alle necessità delle anime che li abitano. Ginia e Amelia cercano un posto nel mondo, ma alle proprie condizioni. Il film che le ospita è un film giovane.

Giovani i temi, giovani i corpi e giovani i bisogni; Deva Cassel e Yile Vianello regalano al film una grazia un po’ fuori dal tempo e una buona sintonia. Ragazze del ’38, anche se le psicologie sono del tutto contemporanee. Laura Luchetti gioca apertamente con le convenzioni del film in costume. E se la rievocazione storica è puntuale e accurata, la regista sceglie di far parlare, pensare e muovere i suoi ragazzi e le sue ragazze nel modo in cui potrebbero parlare, pensare e muoversi oggi. È una bella dialettica tra passato e presente, questa, che racconta delle tensioni e delle necessità di un processo di adattamento e traduzione ben ponderato. Una soluzione da tenere in considerazione e imitare.

 

Cinematographe.it