Julius Avery
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Classificazione
Presentazione e critica
In L’esorcista del Papa c’è Russell Crowe che fa Gabriele Amorth, tonaca nera addosso, fiaschetta di whiskey in tasca, battuta sempre pronta, anche nei momenti più improbabili. L’Amorth di Crowe fa “cucù” alle suore che passano, risponde male ai cardinali che vogliono mettere in dubbio il suo operato di esorcista, è pappa e ciccia col Papa e va in giro su una lambretta bianca con la striscia rossa sul cui scudo, in basso a destra, campeggia il cavallino rampante della Ferrari (d’altronde, Amorth era pur sempre nato a Modena).
Perfino in Ispagna, come si dice nel film, Crowe ci arriva in Lambretta, rigorosamente senza casco.
Ci va perché in un’antica abbazia sulla costa atlantica spagnola (e però si è girato in Irlanda) una famiglia ispano-americana è finita nelle grinfie di un demone potentissimo che pare avercela proprio con lui, con “Gabri”, come lo chiama per mezzo del bambino che ha posseduto.
In L’esorcista del Papa, poi, c’è Franco Nero nei panni, bianchi, del Papa. Un Papa che, sebbene non venga mai detto esplicitamente, siccome siamo nel 1987, è chiaramente Giovanni Paolo II.
In L’esorcista del Papa, infine, c’è una trama che devia in maniera piuttosto esplicita dal terreno consolidato dell’esorcistico tradizionale per intessere una backstory – si parla addirittura di Inquisizione e di segreti che, tanto per cambiare, il Vaticano avrebbe messo a tacere – che ha probabilmente causato un qualche modo di invidia in Dan Brown e in tanti suoi meno noti epigoni.
Quello che però colpisce di più, in questo film diretto dal Julius Avery di Overlord e Samaritan, è che pare essere, coscientemente e con uno smaccato sprezzo del pericolo e del ridicolo, un film che più che all’orrore tradizionale, e al modello dell’Esorcista di quel William Friedkin che al vero Amorth ha anche dedicato un documentario, guarda a una serie eterogenea di film che vanno dagli adattamenti dei romanzi di Brown, appunto, al Constantine con Keanu Reeves, il tutto con una chiara tensione al canone Marveliano contemporaneo e all’immortale tradizione dei buddy movie.
Una volta in Ispagna, dopo l’incipit vagamente folk horror di Tropea, dove viene sparato in testa a un maiale, e dopo i droni che svolazzano sopra San Pietro, Borgo, il Tevere e Castel Sant’Angelo, una volta di fronte al demone che lo vuole utilizzare come veicolo per conquistare e distruggere Santa Madre Chiesa, l’Amorth di Crowe dovrà infatti fare squadra, a modo suo, con un novellino spagnolo, e fare i conti coi fardelli delle rispettive coscienze che il demone vuole utilizzare contro di loro: “i tuoi peccati ti troveranno”, è una delle frasi ricorrenti del film.
Gabriel e il suo giovane e inesperto aiutante si muoveranno insieme un po’ come fossero Tony Stark e il giovane Peter Parker, combattendo il Male a forza di preghiere e simboli religiosi, certo, ma anche usando le mani, e la forza fisica, e i superpoteri che la fede mette a loro disposizione, nel corso di pratiche esorcistiche che assomigliano ai confronti con Thanos. Solo con anche apparizioni della Madonna che si trasformano in incubi diabolici, e donne nude insanguinate sbucate dai recessi della colpa.
Trattandosi di un film che si basa su una figura realmente esistita, il controverso Amorth che definiva frutto del Diavolo omosessuali, Fiorello e Harry Potter, e benediceva invece Forza Italia, il Vaticano, e gli esorcisti, hanno espresso una composta disapprovazione nei confronti del film.
Ma hey, verrebbe da dire, questa è Hollywood, la Hollywood più caciarona, di Amorth qui c’è solo il nome.
Tutto il resto è film, invenzione, fantasia. Un film che non si può nemmeno definire bello, o avvincente, o spaventoso, ma che in virtù della sua dissennata corsa al superamento di ogni ostacolo, e al salto di ogni squalo, ha perlomeno la capacità di divertire con ironico distacco.
E poi c’è Russell Crowe, che oltre a essere uno cui ci vuole del bene è anche un attore vero, anche quando fa cose così. (…)