May December

Todd Haynes

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May December, il film diretto da Todd Haynes, segue la storia di Elizabeth Berry , un’attrice che dovrà interpretare sullo schermo il ruolo di Gracie Atherton-Yu , diventata nota al pubblico perché vent’anni prima ha sposato Joe di 23 anni più giovane di lei.
DATI TECNICI
Regia
Todd Haynes
Interpreti
Natalie Portman, Julianne Moore, Charles Melton, Cory Michael Smith, Piper Curda, Kelvin Han Yee, Drew Scheid, Andrea Frankle
Durata
113 min
Genere
Drammatico
Sentimentale
Sceneggiatura
Samy Burch
Fotografia
Chris Blauvelt
Montaggio
Affonso Gonçalves
Distribuzione
Lucky Red
Nazionalità
Usa
Anno
2023

Presentazione e critica

È un atto di finzione a far calare il sipario su May December, nell’ultima scena del film. Elizabeth Berry, l’attrice a cui presta il volto Natalie Portman, si è calata nel ruolo di Gracie Atherton, riproducendone aspetto, movenze e abbigliamento, ed è impegnata nel reenactment della scandalosa vicenda che, oltre vent’anni prima, aveva reso la donna il bersaglio dei tabloid e le era valsa una condanna penale: la sua relazione con il tredicenne Joe Yoo. Dopo aver sedotto in precedenza il ‘vero’ Joe, ormai adulto, ora davanti alla macchina da presa Elizabeth si sforza di cogliere l’essenza di quella seduzione illecita al centro della pellicola che la vedrà protagonista. “Possiamo farne un’altra, per favore? Sta diventando più reale”, è la sua forsennata richiesta al termine di ogni ciak: ma quell’anelito al reale ha effettivamente senso o non è piuttosto l’illusione di un’attrice che non è stata in grado di penetrare il mistero del proprio personaggio?.In tale ottica, il finale di May December non fornisce risposte univoche; piuttosto, il regista Todd Haynes e la sceneggiatrice Samy Burch disseminano l’opera di allusioni, indizi ed elementi che, a seconda della prospettiva di chi guarda, possono prestarsi a più piani di lettura. Un approccio perfettamente in linea con l’essenza di un film che sull’ambiguità delle situazioni, dei personaggi e dei loro sentimenti impernia gran parte del proprio fascino: perché al nucleo di May December vi è appunto l’idea che non sia possibile esplorare fino in fondo i meandri del cuore umano, né per gli altri, ma neppure riguardo se stessi. È in questi meandri, tuttavia, che devono addentrarsi loro malgrado Gracie e Joe, affidati alle interpretazioni di Julianne Moore e Charles Melton: costretti a prendere atto della precarietà di un idillio familiare incrinato sia dall’arrivo di Elizabeth, giunta a Savannah per incontrare Gracie, sia dalla partenza imminente dei due figli minori della coppia, i gemelli Mary e Charlie (Elizabeth Yu e Gabriel Chung).

Per Joe, la resa dei conti arriva dopo un rapporto sessuale con Elizabeth, laddove la passione improvvisa cede il posto a un subitaneo senso di colpa e a una conseguente esplosione di rabbia. “Storie? Questa non è una storia! Questa è la mia cazzo di vita!”, è la reazione dell’uomo al tentativo di Elizabeth di ricondurre tutto a un semplice modello narrativo, mentre lei, che le storie le incarna per professione, è già pronta ad archiviare l’episodio con una punta di cinico
distacco: “È solo quello che fanno gli adulti”. Ma per Joe, il cui repentino ingresso
nell’età adulta non gli ha consentito di vivere appieno le varie tappe dell’adolescenza, ora si tratta di guardarsi allo specchio: lo fa letteralmente, una volta uscito dalla doccia, rivolto verso la cinepresa, e qualche istante più tardi, metaforicamente, in un crudo faccia a faccia con Gracie (“Penso che ci siano un sacco di cose di cui non parliamo da molto, molto tempo… forse da sempre”). (…)

(…) Se è una volpe, sul piano simbolico, l’animale in cui si riflette Gracie, quella stessa mattina il risveglio di Joe è accompagnato dalla scoperta che una delle crisalidi del suo allevamento casalingo è diventata una farfalla. Alla trasformazione della creatura corrisponde la sua libertà: Joe la porta in giardino e la lascia volare via, per poi riunirsi a colazione con i tre figli, in un momento di rinnovata serenità. Più tardi, quello stesso giorno, Joe assisterà con commozione irrefrenabile alla consegna del diploma ai suoi due gemelli, che da lì a breve, proprio come la farfalla, lasceranno la loro casa. Nel frattempo, durante l’atteso graduation day si consuma anche l’ultimo incontro fra Gracie ed Elizabeth: due donne il cui legame si è fatto sempre più simbiotico, al punto che ora entrambe indossano occhiali scuri e un lungo abito bianco, come se finalmente Elizabeth sia in grado di calarsi appieno nel ruolo a cui dovrà dar vita sullo schermo. Ma in un epilogo gravido di dubbi, è lecito domandarsi se sia veramente così.
È Gracie, che sembra aver recuperato tutta la propria sicurezza, a insinuare il dubbio nella mente di Elizabeth: “Mi chiedo se qualcosa di tutto ciò conterà davvero per il tuo film”. “Tu mi comprendi?”, aggiunge subito dopo, con un sorriso di sfida che potrebbe essere un ghigno, per poi smentire il racconto del suo primogenito Georgie (Cory Michael Smith) sugli abusi che lei stessa avrebbe subito da parte dei suoi fratelli; se Elizabeth sperava di affidarsi a questo presunto segreto per motivare le azioni di Gracie, le parole della donna segnano un “colpo di coda” pirandelliano che annega ogni facile soluzione in un relativismo senza solidi punti di riferimento. “Le persone insicure sono molto pericolose, non è vero?”, osserva con malizia Gracie, di nuovo padrona della situazione; mentre lo smarrimento dipinto sul volto di Natalie Portman ci suggerisce che, con tutta probabilità, Elizabeth non è più troppo certa di quale tipo di serpente si erga di fronte a lei.

Movieplayer

L’ultimo lavoro di Todd Haynes pone una serie di domande scabrose alle quali però non cede risposte. Perché esse non esistono, o almeno non sono certe. May December lavora proprio su quel senso di spaesamento di un mondo contemporaneo privato della certezza del dato oggettivo. La verità e la realtà non sono più distinguibili dalla narrazione di un fatto e dalla sua rappresentazione, che sia una voce o una trasposizione mediatica. E così, anche e soprattutto attraverso un discorso metalinguistico sul cinema e le sue forme di emulazione e simulazione, Haynes e la sceneggiatrice Samy Burch confezionano un ordigno psicologico pronto a scoppiare da un momento all’altro. Un’opera che gioca con i generi e lo stile e che resta dopo la sua visione, crescendo nel tempo dopo l’iniziale, logico e forse voluto, spaesamento. Con una Natalie Portman in stato di grazia, come non la si vedeva da anni.

Everyeye