Non volere volare

Hafsteinn Gunnar Sigurðsson

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Non volere volare, film diretto da Hafsteinn Gunnar Sigurðsson, racconta la storia di un gruppo eterogeneo di persone che condividono la fobia di volare. Ad aiutarli nel superare la loro paura è l'agenzia Viaggiatori Impavidi, che organizza corsi per sconfiggere ogni timore e librarsi leggeri nel cielo.
DATI TECNICI
Regia
Hafsteinn Gunnar Sigurðsson
Interpreti
Lydia Leonard, Timothy Spall, Ella Rumpf, Nick Blakeley, Gina Bramhill, Rob Delaney, Svandis Dora Einarsdottir, Emun Elliott, Sverrir Gudnason, Björn Hlynur Haraldsson, Naveed Khan, Simon Manyonda
Durata
97 min
Genere
Commedia
Sceneggiatura
Halldór Laxness Halldórsson, Tobias Munthe, Hafsteinn Gunnar Sigurðsson
Fotografia
Niels Thastum
Montaggio
Kristján Loðmfjörð
Distribuzione
I Wonder Pictures
Nazionalità
Islanda, Gran Bretagna, Germania
Anno
2023

Presentazione e critica

Quella di volare è una delle fobie più paralizzanti che perseguitano l’essere umano. Al pensiero di salire su un aereo, in molti sudano freddo. Ma quando l’amore chiama si fa di tutto (o quasi) per superare il panico. Parte da questo assunto Non volere volare, caustica commedia diretta dall’islandese Hafsteinn Gunnar Sigurðss. Coproduzione anglo-tedesco-islandese, la pellicola umoristica mette in campo le migliori forze locali, dal veterano Timothy Spall con la straordinaria espressività alla (poco) compassata protagonista Lydia Leonard, passando per l’Islanda e le sue eccezionali condizioni meteorologiche, per strappare qualche risata, spesso a denti stretti, ironizzando sulle miserie umane. Proprio il terrore del volo ha spinto Sarah (Lydia Leonard) a iscriversi a un corso per superare la fobia e imbarcarsi felicemente con il fidanzato e la figlia di lui alla volta di Capo Verde. Il volo di prova del gruppo dei Viaggiatori Impavidi, che vede altri disperati come Sarah provare a vincere la loro paura, viene però rinviato allo stesso giorno in cui lei dovrebbe partire per le ferie. E così la donna le prova tutte pur di fare in tempo, ma il maltempo ci mette lo zampino e si ritrova bloccata in Islanda nel bel mezzo di una bufera insieme a un gruppo di improbabili personaggi. Non volere volare gioca sulle debolezze degli individui. Naturalmente la paura di volare èsintomo di un disagio più profondo, diverso per ognuno dei personaggi, capocomitiva (Simon Manyonda) compreso. Hafsteinn Gunnar Sigurðss costruisce un prologo radicato nella realtà, cercando di scavare nelle motivazioni della sua protagonista Sarah per passare poi agli altri. Purtroppo, man mano che la storia avanza e la situazione si fa parossistica, i personaggi tendono a sfociare nella macchietta. Sorte toccata allo scatenato veterano dell’esercito inglese interpretato da Timothy Spall e allo sviluppatore di app di Sverrir Gudnason (l’interprete di Borg McEnroe, qui imbruttito ad arte), ma anche alla sua fidanzata, la sensuale influencer Coco (Ella Rumpf).In fin dei conti Non volere volare è prima di tutto una commedia e il regista, che ambisce a fondere black humor inglese e follia scandinava, si affida a espedienti di sicuro effetto come gag slapstick, sequenze concitate ed equivoci a gogò. Una delle scene iniziali sembra presa di peso da L’aereo più pazzo del mondo, chiaro modello di riferimento, ma Hafsteinn Gunnar Sigurðss si spinge oltre mettendo in scena piccanti incontri in sauna e viaggi in taxi da incubo. Il tutto per strappare qualche risata facendo, al tempo stesso, riflettere lo spettatore su difetti e limiti dell’essere umano. onostante il titolo impacciato (l’internazionale Northern Comfort è più azzeccato e divertente), Non volere volare scorre veloce verso la conclusione. Gli eventi sono condensati in meno di 48 ore e la commedia si presenta come una folle corsa corale, il disperato tentativo di un manipolo di figure eccentriche che prova a superare le proprie paure, ma si ritrova incastrato in un viaggio da incubo. Niente di particolarmente originale sotto il sole (o meglio, sotto la neve), ma la pellicola si distingue per la capacità di gettare uno sguardo sardonico sul presente infilando nel calderone famiglie allargate, professioni digitali, gender fluid e teorie del complotto.(…)

 

Movieplayer

Dopo l’uscita nelle sale islandesi lo scorso anno, Non volere volare, film d’esordio del regista e sceneggiatore Hafsteinn Gunnar Sigurðsson, arriva anche nelle sale italiane il 18 aprile grazie a I Wonder Pictures. Commedia pungente e surreale, il film racconta di un gruppo di viaggiatori che cerca di superare la propria paura di volare iscrivendosi a un corso per aerofobici.
E se le nostre paure fossero il riflesso dei limiti che noi stessi ci imponiamo? Questa la premessa di Non volere volare che ci presenta un gruppo di persone, Sarah, Edward, Coco e Alfons la cui paura di volare rappresenta solo la superficie di un disagio umano più profondo. Guidato alla volta dell’Islanda dall’inesperto Charles dell’agenzia Viaggiatori Impavidi per un volo andata e ritorno che dovrebbe rappresentare il passaggio finale del corso, il gruppo si ritroverà bloccato nella terra del ghiaccio e del fuoco a causa di un’improvvisa tempesta di neve. Un’occasione che costringerà tutti a fare i conti con una serie di assurdi imprevisti che permetteranno loro di fronteggiare la propria paura. In questo senso il regista sfrutta l’aerofobia come metafora per raccontare delle forme di malessere più radicate presentandoci dei personaggi che, con le loro ossessioni e insoddisfazioni legate a un’ansia tanto emotiva quanto sociale, ci parlano molto di noi e della nostra necessità di voler controllare ogni aspetto della vita. Un mindset che è possibile abbandonare soltanto superando quella comfort zone (sotto questo punto di vista è interessante che il titolo originale del film sia Northern Comfort, in riferimento al cocktail che viene offerto ai viaggiatori nell’hotel a cinque stelle in cui sono costretti ad alloggiare) e andando oltre quei limiti che, molto spesso, sono autoimposti.
Non è quindi un caso che il paesaggio islandese, ripreso in modo tale da enfatizzarne il fascino e l’inospitalità, diventi il setting ideale per il dipanarsi di vicende grottesche e inverosimili sui cui – tra tutte, svettano i personaggi di Sarah ed Edward interpretati rispettivamente da una bravissima Lydia Leonard con un viso costantemente contrito e da un Timothy Spall che si aggira per i corridoi dell’hotel, lussuoso quanto asettico, portando con sé un pizzico di British humor.Una narrazione nervosa, messa in evidenza anche da una scrittura essenziale, da movimenti di macchina irrequieti e da un montaggio che frammenta la continuità degli eventi; scelte stilistiche che vogliono sottolineare il disagio dei personaggi mettendo in scena quella che, solo in apparenza, è una storia corale ma che in realtà è il viaggio (in tutti i sensi) di Sarah. È lei infatti che seguiamo fin dall’inizio e, attraverso i suoi occhi, esperiamo un’ansia nei confronti della vita che è anche un po’ nostra. Almeno fino alla liberazione finale in cui Sarah, finalmente, distende il suo viso e sorride.

Cinematografo